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Seymouria, un gigantesco anfibio vissuto nel Permiano

Scritto da Andrea Maraldi il 03.12.2014

Il mondo durante il Permiano non era esattamente un posto piacevole: circa 270 milioni di anni fa l’inaridimento dei territori emersi che avrebbe portato alla più catastrofica estinzione di massa mai avvenuta era già iniziato, e le immense foreste paludose caratteristiche del precedente periodo Carbonifero stavano sparendo rapidamente, lasciando un gran numero di animali senza un habitat in cui prosperare. L’inarrestabile forza della selezione naturale però ha anche fatto sì che i sopravvissuti con il passare delle generazioni riuscissero ad adattarsi ai nuovi scenari. Il Seymouria è uno degli esempi più emblematici di quanto stava succedendo in questo mondo in trasformazione.

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A prima vista il Seymouria era uno dei tanti “lucertoloni” che ancora oggi vivono in ambienti aridi, ed in effetti persino i paleontologi originariamente lo avevano classificato come tale, ma in realtà si tratta di un anfibio, un Labirintodonte, la cui evoluzione lo ha portato ad imitare talmente bene i rettili che per lungo tempo è stato indicato, erroneamente, come il possibile anello mancante fra le due Classi.

Lungo poco più di mezzo metro, questo curioso “rettile finto” era tutto ciò che i primi anfibi non erano ancora stati in grado di essere: la sua colonna vertebrale era robusta ma flessibile, così come le ossa delle zampe, ora completamente articolate, e sostenute da un bacino e da scapole perfettamente formate.

Come ulteriore conferma del fatto che Seymouria non fosse un animale acquatico, la coda dell’animale era invece corta e non presentava appiattimenti o prolungamenti delle vertebre che avrebbero dovuto esserci per sostenere una pseudo-pinna caudale. La testa piatta ed a forma di pala era uno dei pochi elementi dello scheletro che tradiscono la vera natura di questa specie ed hanno spinto gli studiosi a riclassificarlo come anfibio.

Non abbiamo impronte della pelle di Seymouria, ma è ragionevole ipotizzare che anch’essa fosse simile a quella dei rettili, dato che non avrebbe molto senso che una creatura così adattatasi alla vita fuori dall’acqua a livello scheletrico abbia avuto invece ancora una pelle porosa e permeabile da anfibio. Le orbite oculari e nasali relativamente ampie hanno inoltre portato gli studiosi a speculare anche sul fatto che l’animale avesse delle ghiandole lacrimali specializzate, per espellere l’eccesso di sali minerali, come in molti rettili (le famose “lacrime di coccodrillo”) per supplire all’incapacità della pelle di trasudare tali sostanza di scarto in modo efficente. Nei vari reperti fossili inoltre (abbiamo molti fossili di Seymouria, alcuni in ottimo stato di conservazione) si è notato che alcuni presentano una calotta cranica più spessa: è possibile che si trattasse dei maschi, o comunque di esemplari del sesso dominante, e che questa curiosa caratteristica indichi che i vari individui risolvessero dispute per il territorio o le femmine prendendosi a testate, o spintonandosi testa contro testa, come fanno oggi alcuni ovini.

Il Seymouria era un piccolo predatore, la cui dieta comprendeva insetti, uova e piccoli animali. Essenzialmente era un opportunista, che ingurgitava qualsiasi cosa di commestibile gli capitasse a tiro; era un animale ben adattato al suo ambiente, ma conservava almeno una delle maggiori vulnerabilità degli anfibi: poteva riprodursi solo in un ambiente acquatico. Malgrado gli adulti fossero quindi in grado di vivere sulla terraferma, non potevano comunque allontanarsi a lungo da fonti d’acqua importanti se volevano preservare la specie. Un “difetto di progettazione” che ha eventualmente portato la specie all’estinzione.

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