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Alzheimer: bloccando un recettore si recupera la memoria

Il blocco di un recettore potrebbe permettere di recuperare la memoria ai malati di Alzheimer

Scritto da Elisa Corbi il 19.06.2013

Un nuovo studio mostra che la patologia della memoria nei topi anziani malati di Alzheimer può essere curata con un trattamento. La ricerca, condotta dagli scienziati del Montreal Neurological Institute and Hospital – The Neuro, alla McGill University e presso l’Université de Montréal, ha scoperto che bloccando l’attività di un recettore specifico nel cervello di topi con uno stato avanzato di Alzheimer (AD), si recupera la memoria e la funzione cerebrovascolare. I risultati, pubblicati sul Journal of Neuroinflammation, suggeriscono anche un meccanismo alla base dell’ AD come un potenziale bersaglio per nuove terapie.

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“L’aspetto interessante e importante di questo studio è che anche gli animali con patologia avanzata possono essere salvati con una molecola”, spiega il Dr. Edith Hamel, neuroscienziato e ricercatore, “Abbiamo visto raramente questo tipo di inversione di sintomi AD prima nel nostro modello di topo a questa età avanzata”.

I ricercatori hanno trovato un aumento del livello di un recettore coinvolto nell’infiammazione noto come bradichinina B1 (B1R) nel cervello di topi con AD. “Con la somministrazione di una molecola che blocca selettivamente l’azione di questo recettore, abbiamo osservato miglioramenti importanti per le funzioni sia cognitive che cerebrovascolari,” dice il Dott. Baptiste Lacoste, ricercatore che ha condotto lo studio presso The Neuro e che ora prosegue la sua formazione presso la Harvard Medical School di Boston.

“La malattia di Alzheimer distrugge le cellule nervose e compromette anche la funzione dei vasi sanguigni nel cervello. Dunque un corretto funzionamento dei vasi sanguigni è fondamentale per fornire nutrienti e ossigeno alle cellule nervose, e le malattie vascolari rappresentano importanti fattori di rischio per lo sviluppo di AD in età avanzata”, conclude Lacoste.

“Un altro risultato interessante, che non è stato visto prima nel nostro modello di topo, è una riduzione di oltre il 50% della peptide beta-amiloide”, aggiunge il dottor Hamel. “Nella malattia di Alzheimer, i frammenti di proteina chiamata beta-amiloide hanno un effetto deleterio sul sangue e sul sistema nervoso. E nella patologia, i frammenti della proteina tendono ad ammassarsi. Non siamo sicuri se queste diminuzioni contribuiscano al recupero funzionale, ma ci auguriamo che i nostri risultati saranno di aiuto nel chiarire la questione e nell’individuare nuovi bersagli per approcci terapeutici.”

I risultati mostrano che il blocco cronico di B1R migliora significativamente l’apprendimento, la memoria, la funzione cerebrale, e diverse altre caratteristiche AD nei topi malati. Il passo successivo sarebbe quello di approfondire i bloccanti della B1R come potenziale trattamento per AD nell’uomo.

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