Quale sarà la qualità della vita di coloro che stanno diventando vecchi in questi anni con HIV e AIDS? Se lo sono chiesti in un nuovo studio i ricercatori del St. Michael’s Hospital. I sistemi sanitari saranno pronti a rispondere alle esigenze d questi malati? La ricerca che cerca una risposta a questa domandasarà pubblicata sul numero di luglio della rivista Current Opinion in Hiv and Aids.
Nei Paesi ad alto reddito, come il Canada, il 30% delle persone affette da Hiv ha circa 50 anni o poco più. “E’ positivo che questi pazienti riescano ad invecchiare”, ha detto il dottor Sean B. Rourke, neuropsicologo e direttore della Neurobehavioural Research Unit del St. Michael’s Hospital. “Ciò dimostra che l’Ontario sta facendo il suo lavoro per aiutare queste persone, garantendo loro l’accesso ai sistemi sanitari e ai farmaci antiretrovirali per tenere a bada il virus”. In tutto il mondo il perfezionamento delle terapie antiretrovirali, e il loro adattamento alle singole persone, sta portando ad un miglioramento della qualità della vita dei malati, tanto che ormai si parla di “malattia cronica”.
ll dottor Rourke ha notato però che l’invecchiamento di chi è affetto da Hiv può essere più impegnativo, rispetto a quello della popolazione generale, per svariati motivi: perdita degli amici e della socialità, effetti nocivi sulla salute e infine a causa dei farmaci che si devono assumere per combattere il virus.
Queste persone anziane, inoltre, hanno più probabilità di avere danni neurocognitivi rispetto ai loro coetanei. Uno studio condotto negli Stati Uniti ha scoperto che il 94% delle persone con Hiv sopra i 50 anni di età ha almeno un’altra malattia cronica.
“Attualmente non vi sono piani pensionistici e strutture sanitarie progettate per coloro che soffrono di questo problema ”, afferma il dottor Rourke. “I medici geriatrici non sono abbastanza competenti per lavorare con il virus”.
Gli individui con Hiv continuano a vivere con le conseguenze sulla salute che limitano la loro capacità di partecipare alla società. Questo potrebbe significare l’impossibilità di lavorare o di far parte di una comunità.
Il dottor Rourke ha spiegato che un crescente gruppo di ricerca sta esplorando interventi e strategie per ridurre al minimo l’impatto negativo dell’invecchiamento con l’Hiv e ha spiegato che mangiare correttamente e prendersi cura della propria salute rappresentano due fattori molto importanti per una malattia cronica come l’Hiv.
Dagli anni Ottanta ad oggi, i casi di Hiv/Aids hanno subito un notevole cambiamento nella modalità di trasmissione. La proporzione di casi dovuti alla trasmissione per scambio di siringhe è diminuita dal 76,2% nel 1985 al 5,3% nel 2012. E’ cresciuta però la via di contagio sessuale: i casi attribuibili a trasmissione eterosessuale sono aumentati dall’1,7% nel 1985 al 42,7% nel 2012 e i casi attribuibili a trasmissione omosessuale, nello stesso periodo, sono aumentati dal 6,3% al 37,9%.