Gli scienziati della Princeton University hanno creato un orecchio in grado di “sentire” le frequenze radio ben oltre le normali capacità umane. L’invenzione è stata resa possibile grazie all’utilizzo della stampa in 3D di cellule e nanoparticelle.
“In generale, ci sono sfide sia meccaniche che termiche quando bisogna interfacciare materiali elettronici con materiali biologici,” ha detto Michael McAlpine, un professore di ingegneria meccanica e aerospaziale all’Università di Princeton. “In precedenza, i ricercatori avevano suggerito alcune strategie per adattare l’elettronica in modo che questa fusione avvenisse tra un foglio 2D e una superficie di tessuto, ma il nostro lavoro suggerisce un nuovo approccio che permette di interfacciare il tessuto biologico con la stampa 3D. “
L’anno scorso una ricerca guidata da McAlpine e Naveen Verma, professore di ingegneria elettrica e Fio Omenetto della Tufts University, aveva portato allo sviluppo di una sorta di “tatuaggio”, costituito da un sensore biologico e da un’antenna che può essere apposto sulla superficie di un dente.
“La progettazione e la realizzazione di organi bionici e dispositivi che migliorano le capacità umane, conosciuto come cibernetica, è un settore di crescente interesse scientifico”, hanno scritto i ricercatori nell’articolo pubblicato su Nano Letters. “Questo campo ha il potenziale per generare parti di ricambio su misura per il corpo umano, o addirittura creare organi contenenti funzionalità al di là di ciò che la biologia umana fornisce normalmente.”
Per risolvere i problemi connessi con la riproduzione dell’orecchio i ricercatori hanno usato la stampa in 3D. Si tratta di creare fette di stampe di materiali di diverso tipo che poi, sovrapposte, creano un prodotto finito. Nonostante la stampa 3D sia nota da un po’, questa è la prima volta che i ricercatori dimostrano che è una strategia conveniente per intrecciare il tessuto con l’elettronica.
David Gracias, professore associato presso la Johns Hopkins e co-autore della pubblicazione, ha detto che il superamento del divario tra biologia ed elettronica rappresenta una sfida formidabile che può consentire la creazione di protesi intelligenti e impianti.
“Le strutture biologiche sono morbide e soffici, composte principalmente di acqua e molecole organiche, mentre i dispositivi elettronici convenzionali sono duri e secchi, composti principalmente di metalli, semiconduttori e dielettrici inorganici,” ha detto. “Le differenze nelle proprietà fisiche e chimiche tra queste due classi di materiali sono evidentissime.”
Sebbene McAlpine abbia spiegato che dovranno essere condotti ulteriori lavori e numerosi test prima che la tecnologia sia utilizzata su un paziente, in linea di principio l’orecchio potrebbe essere utilizzato per ripristinare o migliorare l’udito umano. Il ricercatore ha spiegato che i segnali elettrici prodotti dall’orecchio possono essere collegati a terminazioni nervose del paziente, come succede con un apparecchio acustico. Il sistema attuale riceve onde radio, ma potrà essere modificato anche per ricevere suoni.