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Scoperto lo Stregatto, il gatto del Cheshire quantistico

Scritto da Annalisa Arci il 26.11.2013

“È la cosa più curiosa che abbia mai visto prima!”, pensò Alice quando vide un gatto del Cheshire scomparire lasciando dietro di sé solo il suo sorriso. No, non siamo in un romanzo di Lewis Carroll; siamo in un laboratorio dove si svolgono esperimenti di fisica quantistica, in cui è stato appena dimostrato che le proprietà possono esistere indipendentemente dagli oggetti cui appartengono.

Per capire cosa significa è necessario tenere a mente questa proporzione: gatto:fotone=sorriso:polarizzazione. Questa è la conclusione di un gruppo di fisici provenienti da Israele e dal Regno Unito. L’articolo si intitola Quantum Cheshire Cats ed è comparso sulla rivista New Journal of Physics.

Questo risultato in prima battuta controintuitivo è stato raggiunto grazie al concetto di post-selezione. In fisica classica le condizioni iniziali di un insieme di particelle, e le norme che ne regolano il comportamento, sono in linea di principio sufficienti per determinarne le proprietà in qualsiasi punto arbitrario nel futuro. Questo non è ciò che accade in meccanica quantistica: qui l’evoluzione di una particella è intrinsecamente probabilistica. Di conseguenza, mentre i risultati di una misurazione effettuata su un insieme di particelle avranno una distribuzione di probabilità nota, i risultati della misurazione su singole particelle non possono essere previsti.

La post-selezione è stata introdotta da Yakir Aharonov (docente all’Università di Tel Aviv), e comporta la preparazione di un set sperimentale in cui un gruppo di particelle è posto in un certo stato iniziale. Ciascuna delle particelle viene misurata in un determinato istante e la misura viene registrata; successivamente viene fatta una seconda serie di misure in tempi diversi. I risultati delle misurazioni intermedie, in media, implicano alcuni risultati per le misurazioni successive ma non li determinano. Se il gruppo di particelle viene diviso in sottogruppi, secondo questi risultati successivi l’identità dei membri di questi vari sottogruppi è un’informazione che può essere ottenuta solo a misure concluse, mai prima.

Ora, Aharonov ha collaborato con Sandu Popescu dell’Università di Bristol, Daniel Rohrlich della Ben Gurion University e Paul Skrzypczyk dell’Università di Cambridge per un nuovo esperimento, ulteriormente implementabile con le tecnologie attuali, in cui singoli fotoni polarizzati orizzontalmente passano attraverso un separatore di fascio e, quindi, attraversano una serie di dispositivi ottici prima di essere registrati in uno dei tre rivelatori. Quando lascia il separatore di fascio, ciascun fotone è in una sorta di sovrapposizione di due percorsi diversi che possono essere entrambi utili per raggiungere i dispositivi; i due percorsi rappresentano i due rami di un interferometro (si veda la seguente figura “Un gatto del Cheshire ottico”).

Physicists add ‘quantum Cheshire Cats’ to list of quantum paradoxes

Schema di un gatto del Cheshire ottico. (Crediti: Aharonov, et al. ©2013 IOP Publishing Ltd and Deutsche Physikalische Gesellschaft).

I dispositivi sono scelti e disposti in modo che il primo dei rivelatori emette un click solo quando il fotone è in uno stato di sovrapposizione specifico, ed è proprio questo stato che è oggetto di post-selezione. I ricercatori hanno quindi preso in considerazione ciò che accade al fotone – il gatto del Cheshire – e alla sua polarizzazione – il sorriso – in quello stato post-selezionato. Scoprono che mentre in qualsiasi rivelatore il fotone  viaggia sempre lungo il braccio sinistro, un rivelatore di polarizzazione occasionalmente ne misura il momento angolare nel braccio destro. “Ci sembra di vedere che cosa ha visto Alice,” scrivono i ricercatori, “un sorriso senza gatto!”.

Ma sono i ricercatori stessi a sottolineare la fallacia di questo esperimento: esso si basa, infatti, su due tipi di detector in uso in tempi diversi. Se dovessero essere utilizzati contemporaneamente, i rilevatori mostrerebbero sempre il fotone e la sua polarizzazione insieme nello stesso braccio. Ma Aharonov e colleghi sostengono che è possibile “riconquistare il paradosso” effettuando le cosiddette misurazioni deboli che non forniscono valori definitivi dei parametri di particelle, ma che  non distruggono completamente lo stato quantico di una particella, come di solito succede durante il processo di misura.

Per effettuare la misura debole è necessario modificare l’esperimento. Per “seguire” la traiettoria dei fotoni i ricercatori hanno sostituito il primo rilevatore con una telecamera CCD e aggiunto ad uno dei due bracci una lastra di vetro. L’effetto di deflessione rivela che i fotoni avrebbero viaggiato lungo il braccio e che sarebbero registrabili dalla telecamera, mentre la polarizzazione viene misurata ponendo un elemento ottico adatto in uno dei bracci per registrare in questo modo una deviazione ad angolo retto rispetto a quella provocata dalla lastra di vetro. Ora, senza dilungarsi troppo su un set sperimentale così complicato, il punto della questione è il seguente: è possibile misurare parametri differenti nello stesso momento. In che modo? Mettendo il vetro e l’elemento ottico nel braccio destro dell’interferomentro è possibile dimostrare che la polarizzazione esiste indipendentemente dal fotone. Ecco trovato il gatto del Cheshire!

Visto che sono passati ben 21 mesi dalla comparsa dell’articolo originale su  arXiv.org, Popescu e colleghi sono consapevoli della diffidenza della comunità scientifica. Va detto che sono molti i casi in cui la tecnica della misurazione debole fa letteralmente resuscitare vecchi paradossi: il problema è stato dettagliatamente affrontato discutendo il paradosso di Hardy. Hanno anche applicato la stessa strategia esplicativa a quello che è probabilmente il più famoso paradosso quantistico: l’idea di un’energia cinetica negativa. L’energia cinetica è, per definizione, una quantità positiva, ma sembra essere negativa per particelle che hanno l’effetto tunneling.

“L’esempio tunneling è stato infatti utilizzato più e più volte, in quasi tutti i libri di testo per spiegare come funziona la meccanica quantistica, ma i paradossi non sono altro che illusioni derivanti dal desiderio errato di applicare il pensiero classico ovunque, pensando che una comprensione ‘corretta’ della meccanica quantistica potrebbe rimuovere completamente il paradosso”, ha concluso Popescu. “Quello che abbiamo dimostrato è che in questa idea standard per licenziare i paradossi genera intuizioni sbagliate e conduce ad aggirare tutto ciò che è veramente interessante in meccanica quantistica, come l’uso dei paradossi per guardare in modo diverso i problemi”.

Per quanto concerne il paradosso attuale, l’esistenza di un gatto del Cheshire quantistico pavimenta la strada a una serie di quesiti intriganti: la stessa cosa vale anche per l’elettrone e lo spin? Per l’atomo e la sua energia interna? Ad oggi non credo sia possibile testarlo sperimentalmente. E poi: come farà un elettrone con “carica disincarnata” dalla massa influenzare gli elettroni nei dintorni? Cosa succederà al campo gravitazionale di un atomo con “energia interna disincarnata”? Le applicazioni per l’esecuzione di misure di precisione sembrano le vie più percorribili nell’immediato futuro. 

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