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Heisenberg è stato troppo pessimista?

Un team di ricerca pensa di poter superare l'errore minimo presente nel famoso Principio di Indeterminazione

Scritto da Annalisa Arci il 10.09.2012

Niels Bohr, Werner Heisenberg, and Wolfgang Pauli al Niels Bohr Institute, 1934 o 1936.

A quanto afferma il Principio di Indeterminazione formulato da Heisenberg nel 1927, in fisica quantistica non tutte le proprietà di una particella possono essere misurate con precisione illimitata: da questo punto di vista è dunque impossibile una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo.

Il Principio di Indeterminazione rende ragione dell’impossibilità di determinare con un “errore minimo” l’osservazione contemporanea della quantità di moto e della posizione di una particella elementare, dove con “errore minimo” si intende un parametro d’errore non assoluto, ma deciso a seconda del contesto sperimentale. Ciò implica che, ad esempio, quanto più è precisa la misura del moto tanto maggiore sarà l’errore nella misura della posizione di una particella. All’osservatore non resta che tarare gli strumenti a seconda del valore (quantità di moto/posizione) che privilegia.
Un esempio può essere esplicativo: il noto esperimento mentale di Heisenberg sull’utilizzo della radiazione luminosa per misurare la posizione di un elettrone mostra che bisogna ricorrere a una luce di lunghezza d’onda molto corta (altamente energetica) per misurare la posizione di una particella con elevata precisione. Ciò si traduce nel trasferimento di una certa quantità di moto alla particella. Di conseguenza, è impossibile misurare con esattezza sia la posizione sia la quantità di moto. Una giustificazione a questa impossibilità è stata finora data dalle caratteristiche stesse del “misurante”: in generale, necessariamente ogni misura disturba il misurato (la particella quantistica in oggetto) distorcendo il risultato dell’esperimento. Di quanto e in che modo?

Uno studio pubblicato questa settimana nella rivista Physical Review Letters si propone di rispondere a questi quesiti. “Abbiamo progettato un apparecchio per misurare una proprietà di un singolo fotone, la polarizzazione. Abbiamo bisogno di capire quanto l’apparecchio può essere disturbato dal fotone”, spiega Lee Rozema, il primo autore dell’articolo. Per ottenere questo risultato si dovrebbe misurare il fotone indipendentemente, in modo da avere un parametro di riferimento rispetto al quale tutte le altre misurazioni si discostano. Possiamo allora ovviare al pessimismo di Heisenberg sull’impossibilità di arginare l’“errore mi nimo”?

Perseguendo questi obiettivi il team di Lee Rozema ha impiegato una tecnica nota come misurazione debole, in cui il dispositivo utilizzato esercita un’azione sufficientemente debole da avere scarso impatto sul comportamento del misurato. A seguito di due tipi diversi di misurazione (quella debole e quella ordinaria), è stato possibile registrare e comparare i rispettivi risultati. Hanno scoperto che il disturbo indotto dalla misurazione è inferiore alla relazione di Heisenberg. Non solo: ripetendo varie volte l’esperimento è stato possibile ricavare una misura non troppo approssimativa di quanto il fotone è stato disturbato.

Questi risultati si inseriscono in un quadro più ampio, in cui gruppi di scienziati, lavorando a progetti di ricerca differenti, hanno cercato di sfidare il “pessimismo” del Principio di Heisenberg. Per fare un esempio, si può ricordare che gli studi sul comportamento dei neutroni hanno confermato sperimentalmente l’impossibilità di distinguere le due fonti di indeterminazione, quella legata alla particella quantistica e quella legata al processo di misurazione. Peraltro una vasta gamma di situazioni sperimentali ha confermato che il Principio di Indeterminazione viene violato pur restando valido, nel senso che le ragioni dell’incertezza spesso non dipendono dal sistema di misurazione. Invece di misurare posizione e momento di una particella, i ricercatori hanno misurato lo spin dei neutroni. Il Principio resta valido e, in modo correlativo, si dimostra che l’incertezza in questo caso proviene dalla natura quantistica della particella stessa, non dall’influenza perturbatrice della misura.

Partendo dal presupposto che anche nella fisica classica sono presenti simili “disturbi”, a fare la differenza è il concetto di incertezza che investe la natura stessa delle particelle quantistiche. Dal momento che si comportano come un’onda e per questo non possono essere descritte come oggetti puntiformi con una velocità propria, nelle particelle elementari vi sono due forme di indeterminazione, la dualità onda-particella e la non località (il cosiddetto entanglement quantistico), potremmo dire che il trait d’union di queste ricerche è dato da una convinzione: l’effetto esercitato dalla misura sul sistema quantistico non è l’aspetto dominante.

Già nel 2010 due scienziati della Griffith University, Austin Lund e Howard Wiseman, hanno mostrato che le misurazioni deboli potrebbero essere utilizzate per “tarare” il processo di misurazione in un sistema quantistico. Ma, come è noto, le difficoltà per costruire un computer quantistico sono ancora molte, benché i risultati ottenuti da Lee Rozema hanno confermato la validità della tecnica “’cluster state quantum computing’”.

Oggi sappiamo che, accanto ad una indeterminazione intrinseca che un sistema quantistico possiede, abbiamo una indeterminatezza naturale, propria delle particelle, ed una indeterminatezza legata alla tecnica di misurazione adottata. Queste ultime due possono essere parzialmente governate adottando il metodo di misurazione debole. “Simili risultati ci obbligano a modificare la nostra visione dei limiti posti dalla meccanica quantistica ai metodi di misurazione”, conclude Lee Rozema. I limiti sono importanti anche per lo sviluppo della crittografia quantistica, che si basa proprio sul Principio di Indeterminazione, e per abituarci a convivere con l’incertezza intrinseca o naturale nel mondo quantistico.

Riferimenti bibliografici: Lee Rozema, Ardavan Darabi, Dylan Mahler, Alex Hayat, Yasaman Soudagar, Aephraim Steinberg, Violation of Heisenberg’s Measurement-Disturbance Relationship by Weak Measurements, in ”Physical Review Letters”, 109, 10 (2012), DOI: 10.1103/PhysRevLett.109.100404.

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