Quando guardiamo il cielo notturno in queste bellissime notti invernali, magari lontano dalle luci cittadine, vediamo migliaia e migliaia di stelle e il bagliore della Via Lattea, la nostra galassia. Quello che non vediamo – ma i ricercatori ci assicurano che sono proprio lì – sono i miliardi di pianeti che affollano lo spazio. Una ricerca recente stima infatti ad almeno 100 miliardi i pianeti presenti soltanto nella nostra Via Lattea, ma potrebbero essere anche il doppio.
Questa è la conclusione di un nuovo studio condotto da astronomi del California Institute of Technology (Caltech), che fornisce l’ennesima testimonianza che i sistemi planetari sono la norma nel cosmo. Il team ha realizzato la stima durante l’analisi dell’orbita dei pianeti intorno ad una stella chiamata Kepler-32 – pianeti che siano rappresentativi, dicono, della stragrande maggioranza delle stelle nella galassia e quindi servono come un caso di studio ideale per la comprensione di come si forma la maggior parte dei pianeti.
“Ci sono almeno 100 miliardi di pianeti nella galassia – solo nella nostra galassia”, dice John Johnson, assistente professore di astronomia planetaria al Caltech e coautore dello studio, che è stato recentemente accettato per la pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal. “Questa cosa è da capogiro.”
“E’ un numero impressionante se ci pensiamo”, aggiunge Jonathan Swift, un postdoc presso il Caltech e autore principale dello studio. “In pratica c’è in media circa un pianeta per stella.”
Il sistema planetario in questione, che è stato rilevato dal telescopio spaziale Kepler, contiene cinque pianeti. L’esistenza di due di questi pianeti è già stata confermata da altri astronomi. Il team del Caltech ha confermato gli altri tre, quindi ha analizzato il sistema di cinque pianeti e lo ha confrontato ad altri sistemi trovati dalla missione Kepler.
I pianeti orbitano attorno ad una stella nana rossa – un tipo che rappresenta circa i tre quarti di tutte le stelle della Via Lattea. I cinque pianeti, che sono di dimensioni simili alla Terra e che orbitano vicino alla loro stella, sono tipici della classe di pianeti che il telescopio ha scoperto intorno ad altre nane rosse, ha detto Swift. Pertanto, la maggior parte dei pianeti nella galassia probabilmente ha caratteristiche simili a quelle dei cinque pianeti.
Anche se questo particolare sistema non ha nulla di particolare, quello che lo rende raro è l’inclinazione del piano di rivoluzione dei suoi pianeti: le orbite dei pianeti giacciono in un piano che è posizionato in modo tale che Kepler vede il sistema di taglio. A causa di questo raro orientamento, ogni passaggio dei pianeti blocca una parte della luce emessa da Kepler-32, che provoca una leggera diminuzione di luminosità registrata dal sensibilissimo occhio del telescopio spaziale Kepler.
Analizzando le variazioni di luminosità della stella, gli astronomi sono stati in grado di determinare le caratteristiche dei pianeti, come le dimensioni e i periodi orbitali. Questo orientamento offre quindi l’opportunità di studiare il sistema in modo molto dettagliato – e poiché i pianeti rappresentano la stragrande maggioranza di quelli che si pensa popolino la galassia, il team dice che il sistema potrà aiutare gli astronomi a capire meglio la formazione dei pianeti in generale.
“Io di solito cerco di non parlare di steli di Rosetta, ma questa scoperta è la cosa più vicina ad una stele di Rosetta rispetto a tutto ciò che ho visto “, dice Johnson. “E’ come la decifrazione di un linguaggio, quello della formazione dei pianeti”
La stima del numero di pianeti nella galassia. Una delle questioni fondamentali riguardanti l’origine dei pianeti è qual è il loro numero effettivo. Come il gruppo del Caltech, molte altre squadre di astronomi in giro per il mondo stanno stimando più o meno la stessa cifra: circa un pianeta per ogni stella in media, ma questa è la prima volta che i ricercatori hanno fatto una tale stima studiando le stelle nane, la popolazione di stelle – e di pianeti extrasolari – finora più numerosa e più nota.
Per fare questo calcolo, il team del Caltech ha determinato la probabilità che un sistema nano sia orientato in modo ottimale per far vedere i propri pianeti a Kepler. Questo numero, insieme alla stima del numero di stelle nane nella galassia e al numero totale di stelle in essa fornisce una stima di circa 100 miliardi di pianeti nella galassia, pari quindi alla stima del numero si stelle. Ma la loro analisi considera solo i pianeti che si trovano in orbite strette intorno a nane M, quindi si tratta di una stima conservativa. In realtà, dice Swift, una stima più accurata che includesse i dati da altre analisi potrebbe portare addirittura ad un raddoppio della stima dei pianeti, con una media di due pianeti per stella.
I sistemi nani come Kepler-32 sono molto diversi dal nostro sistema solare. Le nane rosse sono infatti molto meno calde e molto più piccole del Sole. Kepler-32, per esempio, ha la metà della massa del Sole e metà del suo raggio. I raggi dei suoi pianeti vanno da 0,8 a 2,7 volte quello della Terra, ma i pianeti orbitano molto più vicini alla loro stella. L’intero sistema si inserisce in poco più di un decimo di unità astronomica, ossia un decimo della distanza media tra la Terra e il Sole – una distanza che è circa un terzo del raggio dell’orbita di Mercurio intorno al Sole. Il fatto che i sistemi nani siano di gran lunga più numerosi rispetto ad altri tipi di sistemi porta una profonda implicazione, secondo Johnson, e cioè che il nostro sistema solare è estremamente raro – anche se non significa necessariamente che la vita sia rara.
Pianeti che ospitano la vita? Il fatto che i pianeti attorno alle stelle nane siano così vicini alle loro stelle non significa necessariamente che sono mondi infernali inadatti per la vita, precisano gli astronomi. In effetti, le nane M, poiché sono piccole e fredde, hanno una zona temperata – conosciuta anche come “zona abitabile”, la regione dove può esistere l’acqua in forma liquida – è più piccola. Anche se solo il più esterno dei cinque pianeti attorno a Kepler-32 si trova nella zona temperata, molti altri sistemi di nane M hanno diversi pianeti che si trovano proprio nella zona dove può esistere acqua in forma liquida, e quindi potenzialmente la vita.
Per quanto riguarda la formazione del sistema di Kepler-32, non si sa ancora, anche se il team dice che la sua analisi inserisce dei vincoli sui possibili meccanismi di formazione. Per esempio, i risultati suggeriscono che i pianeti si sono formati tutti più lontano dalla stella, e col tempo sono migrati verso l’interno.
I 5 pianeti si sono avvicinati alla nana rossa. Come tutti i pianeti, quelli intorno a Kepler-32 si sono formati da un disco proto-planetario – una ‘scodella’ di polvere e gas che ha iniziato ad aggregarsi in pianeti attorno alla stella. Gli astronomi hanno stimato che la massa del disco all’interno della regione dei cinque pianeti era circa quanto quella di tre volte la massa di Giove. Ma altri studi di dischi proto-planetari hanno già dimostrato che una massa pari a tre masse di Giove non può essere compressa in una ‘scodella’ così vicina alla stella, suggerendo al team del Caltech che i pianeti intorno a Kepler-32 inizialmente si sono formati più lontano.
Un’altra linea di evidenza riguarda il fatto che le stelle nane sono più luminose e calde quando sono giovani, quando cioè si sono formati i pianeti. Kepler-32 sarebbe stato troppo caldo per permettere alla polvere di esistere in prossimità della stella. In precedenza, altri astronomi hanno determinato che il terzo e il quarto pianeta non sono molto densi, il che significa che essi sono probabilmente composti da sostanze volatili come biossido di carbonio, metano, o altri gas. Tuttavia, tali composti volatili non avrebbero potuto esistere in zone calde vicino alla stella.
Infine, gli astronomi del Caltech hanno scoperto che tre dei pianeti hanno orbite che sono legate le une alle altre in un modo molto specifico. ll periodo orbitale del primo pianeta è il doppio del secondo e il periodo del terzo è il triplo del secondo. Un tale equilibrio non poteva stabilirsi immediatamente dopo la formazione, dice Johnson. Al contrario, i pianeti devono aver iniziato la loro vita in orbite più lontane dalla stella prima di passare verso l’interno nel corso del tempo e stabilirsi nella loro attuale configurazione.
“Se si guarda in dettaglio l’architettura di questo sistema planetario molto speciale, si è costretti a dire di questi pianeti si sono formati lontano dalla loro stella e si sono successivamente trasferiti all’interno del sistema planetario”, spiega Johnson.
Le implicazioni di questa scoperta? Che la nostra galassia è piena zeppa di pianeti, dicono i ricercatori. “E’ davvero fondamentale dal punto di vista delle origini”, dice Swift, il quale rileva che, poiché le stelle nane brillano soprattutto di luce infrarossa, esse sono invisibili ad occhio nudo. “Kepler ci ha permesso di guardare il cielo e sapere che ci sono altri pianeti là fuori, attorno a stelle che nemmeno possiamo vedere.”