La Provincia di Siena è diventata Carbon Free. In altri termini tutta l’anidride carbonica che viene prodotto sul suo territorio viene riassorbita. Con questo risultato raggiunge con 2 anni di anticipo i propri particolari obiettivi,( un bilancio neutro entro il 2015), ma anticipa anche gli obiettivi europei del Piano 20 20 20.
L’operazione è riuscita grazie ad una situazione di partenza estremamente favorevole per la città, ma anche alla capacità politica, rara in Italia, di attivare un circolo virtuoso con i tecnici dell’Università di Siena e un soggetto terzo che certifica calcoli e metodi degli scienziati. Sui dati così ottenuti i politici hanno impostato una visione, con le relative azioni gestionali, che si è spalmata ben oltre i tempi di una legislatura, rendendo l’esempio una sorta di miracolo italiano.
Abbiamo intervistato Simone Bastianoni, Coordinatore scientifico del progetto REGES, Riduzione delle Emissioni dei Gas ad Effetto Serra, del Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena, che ci ha spiegato nei dettagli come si è sviluppato il progetto, quali sono state le sue peculiarità e quali i suoi effetti positivi.
Domanda: Quando e come è cominciato il Progetto Siena Carbon Free?
Simone Bastianoni: Nel 2005 era già stato realizzato uno studio sperimentale sulla provincia di Siena che aveva analizzato tutti gli indicatori di sostenibilità complessivi disponibili e che era stato condotto su un periodo di 4,5 anni. Dai dati si poteva dedurre che gli indicatori relativi ai gas serra erano un proxy per molte analisi che sarebbero risultate più complicate da condurre. Anche per questo la Provincia di Siena ha deciso di adottare il metodo più semplice per migliorare le sue performance ambientali: monitorare i gas serra.
Grazie anche al fatto che Siena aveva ottenuto la certificazione ISO 14001 approfittammo per creare questo circolo virtuoso in cui la Provincia chiede all’Università che vengano prodotti dei dati che vengono poi verificati da un ente terzo che li certifica insieme con il metodo usato. A quel punto la Provincia può utilizzare i dati adottando delle politiche i cui risultati vengono misurati dall’Università, e così via.
D:Quindi nel 2007 avete iniziato con la prima indagine?
S.B.: Nel 2007 abbiamo realizzato la prima indagine. Abbiamo campionato tutti i consumi della popolazione che possono comportare produzione di anidride carbonica o altri gas serra: consumi di tutti i combustibili per il trasporto, del gas naturale e dell’energia elettrica. Inoltre le emissioni provenienti dai rifiuti (il metano ha effetti 25 volte più forti della CO2) e dall’agricoltura (i fertilizzanti provocano protossido di azoto che è un gas serra 300 volte più potente dell’anidride carbonica). Abbiamo valutato anche le emissioni prodotte dal settore industriale, che a Siena è costituito da industria di vetro, cristallo e laterizio che hanno un bassissimo impatto in termini di CO2.
D: Poi avete calcolato anche l’assorbimento?
S.B: Per calcolare l’assorbimento siamo partiti dall’ultimo dato forestale disponibile che risaliva al 1999 e in quel modo abbiamo creato un dato di partenza da cui valutare tutti i dati a seguire. La situazione era che circa il 72% dell’anidride carbonica era riassorbita dalle foreste locali: una situazione di partenza ottima dovuta al fatto che buona parte della provincia di Siena è coperta da foreste, sia in aree protette che non. Nel 2011, grazie anche alle politiche attuate dalla Provincia di Siena, questo valore è arrivato al 102%.
D: A partire dal 2007 poi come siete andati avanti?
S.B.: L’amministrazione ha recepito le nostre analisi e le ha portate in certificazione. Nel 2008 abbiamo avuto la prima certificazione della situazione ambientale del territorio. Dal rapporto l’amministrazione ha potuto evidenziare le criticità maggiori e quali potevano essere gli interventi sui quali la politica poteva essere più efficace, e sono partite conseguentemente delle zioni gestionali.
La parte dei trasporti, che è quella più rilevante, non è stata affrontata perché la Provincia non ha le competenze reali per poterlo fare. E quindi gli effetti di riduzione che abbiamo potuto apprezzare oggi sui trasporti sono dovuti al prezzo del petrolio, molto più alto, e alla crisi economica che ha portato a ridurre il numero di persone che viaggiano da sole in macchina.
L’amministrazione invece è intervenuta subito sui consumi delle caldaie mettendo in atto un protocollo molto interessante in cui chi fa manutenzione delle caldaie verifica il funzionamento della caldaie stesse ogni anno e ogni due anni monitora le emissioni, quindi verificando l’efficienza. Questo effettivamente ha portato a una diminuzione delle emissioni sul settore del gas naturale piuttosto cospicue considerando il fatto che c’è anche stata un aumento della metanizzazione (cioè delle abitazioni sono state raggiunte dal metano) si può pensare che grazie a questo protocollo si siano ridotte le emissioni di quasi il 20%.
D: Perciò il vostro obiettivo è stato raggiunto con due anni d’anticipo….
S.B.: Ci tengo a precisare una cosa. Il nostro progetto come Università era quello di monitorare i gas serra e di avere dati e metodo certificati. Il progetto politico era quello di diventare Carbon free . Noi in questo senso abbiamo fatto il “termometro”, abbiamo misurato, non abbiamo alimentato in nessun modo gli obiettivi. Ogni anno produciamo un rapporto dal quale è stato possibile evidenziare un trend preciso e costante di diminuzione. Cosa che non è avvenuta per esempio, nel caso del consumo di benzina, dove abbiamo potuto evidenziare invece un cambiamento brusco quando c’è stata l’impennata del prezzo del petrolio.
D:Siena Carbon Free è un’isola in un pianeta in cui le emissioni di anidride carbonica aumentano e i grandi protocolli internazionali vengono disattesi. Secondo lei un’iniziativa di questo genere ha un’utilità?
S.B.:Secondo me la risposta è che gli accordi a livello globale, anche il Protocollo di Kyoto, sono state iniziative lodevoli, ma era prevedibile che non funzionassero. Perché se ha deciso di aderire solo un gruppo di paesi, era prevedibile che gli altri che non avevano aderito si sarebbero “lasciati andare”.
L’effetto netto in questo periodo è stato quello di un aumento delle emissioni, non è stato una diminuzione, quindi il protocollo non ha funzionato.
L’alternativa è quella di far valere buone pratiche dal basso e cercare di renderle virali, contagiare il più possibile anche con la competizione campanilistica. Qui ha funzionato, ha funzionato questo circolo virtuoso, questa ruota misurazione-verifica e controllo-misurazione delle politiche- verifica delle politiche. Può funzionare a livelli più grandi però è necessaria la volontà politica di sottostare a delle misurazioni che non sono interpretabili secondo voleri particolari.
D:Ci sono effetti economici o sanitari di questo progetto?
S.B.:Si tratta di effetti indiretti: sicuramente con il controllo diminuiscono le morti invernali da malfunzionamento delle caldaie. Anche le fonti energetiche fanno la differenza: avere centrali geotermiche invece che nucleari, o pale eoliche invece che centrali elettriche a carbone fa la differenza, eccome. Inoltre sicuramente il marchio Carbon Free può essere utilizzato molto bene a livello di marketing territoriale.
Il fotovoltaico, stando a quello che ha riportato l’amministrazione, ha moltiplicato per venti l’indotto a partire dall’investimento. Ed è stato realizzato con un certo criterio sul territorio. Noi abbiamo molto discusso sul fatto che andavano evitati gli impianti di grandi dimensioni perché realizzarli avrebbe voluto dire creare una dipendenza da una sola fonte. Le cose piccole funzionano meglio, danno meno dipendenza e ne traggono beneficio sia il pubblico che il piccolo privato.