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Nuova prospettiva sull’inizio delle ere glaciali

Ricercatori hanno scoperto nuovi rapporti tra le temperature delle profondità marine e le variazioni di volume del ghiaccio

Scritto da Leonardo Debbia il 28.04.2014

Un team internazionale di ricercatori ha scoperto nuovi rapporti tra le temperature delle profondità marine e le variazioni di volume del ghiaccio che potranno fornire nuove informazioni su come si sono verificate le ere glaciali.

ere glaciali

I ricercatori della University of Southampton, in collaborazione con il National Oceanography Centre e l’Australian National University, hanno sviluppato un nuovo metodo per determinare la correlazione tra livello del mare e variabilità della temperatura delle profondità marine durante gli ultimi 5,3 milioni di anni, al fine di capire le cause che provocarono gli importanti cicli climatici degli ultimi due milioni di anni.

I ricercatori hanno scoperto che durante questi 5,3 milioni di anni le tendenze al raffreddamento a lungo termine e la massa di ghiaccio che si andava formando non andavano di pari passo.

Infatti, per quanto riguarda la temperatura, l’avvio importante verso le ere glaciali, che hanno caratterizzato gli ultimi 2-3 milioni di anni, fu un evento di raffreddamento avvenuto intorno ai 2,7 milioni di anni fa, mentre la massa di ghiaccio cominciò a svilupparsi più tardi, intorno ai 2,15 milioni di anni fa.

Prima di questi risultati si stimava che le glaciazioni avessero avuto inizio ‘in contemporanea’ tra raffreddamento dell’aria e degli oceani, intorno ai 2,5 milioni di anni fa.

Il team ha utilizzato valori dei rapporti isotopici dell’ossigeno che forniscono i dati riguardanti le antiche temperature del mare mediante l’analisi di plancton fossile recuperato dal Mar Mediterraneo, depositatosi nel corso degli ultimi 5,3 milioni di anni.

Il Mediterraneo è una regione particolarmente utile per questo rilevamento, perché la composizione isotopica dell’acqua di mare dipende in gran parte dal flusso di acqua che entra dallo Stretto di Gibilterra, che a sua volta è influenzato dalle variazioni di livello globale degli oceani.

Mentre gli strati di ghiaccio continentale crescevano durante le ere glaciali, il flusso d’acqua dallo Stretto di Gibilterra diminuiva, causando nel Mediterraneo un aumento dell’isotopo O-18 (8 protoni e 10 neutroni) rispetto allo O-16 (8 protoni e 8 neutroni), registrato nei gusci del plancton fossile.

Lo studio attuale ha aggiunto un modello numerico per calcolare lo scambio d’acqua attraverso lo Stretto di Gibilterra in funzione del cambiamento di livello del mare, modello che ha permesso che i dati dei microfossili potessero essere usati per datare le variazioni del livello globale dei mari.

Il nuovo valore del livello del mare è stato poi utilizzato in combinazione con i valori degli isotopi dell’ossigeno delle acque profonde di mare aperto per risalire ai cambiamenti di temperatura di queste acque.

Eelco Rohling, docente della Australian National University e autore principale dello studio, afferma: “Questo è il primo passo per la ricostruzione dei dati del Mediterraneo. Con un nostro precedente lavoro abbiamo sviluppato e affinato questa tecnica per il Mar Rosso, ma in quel mare abbiamo potuto raggiungere solo il mezzo milione di anni perché non ci sono carotaggi più antichi”.

Nel Mediterraneo, invece, i carotaggi possono arrivare fino a 5,3 milioni di anni fa.

Rilevando l’importanza che assume lo Stretto di Gibilterra per queste analisi, Mark Tamisiea, del National Oceanography Centre di Southampton e co-autore dello studio, aggiunge: “Il flusso attraverso lo stretto dipende non solo dal volume degli oceani, ma anche dal modo in cui la regione si alza e si abbassa in relazione ai livelli d’acqua che cambiano. Noi usiamo un modello globale di cambiamenti nell’oceano e nelle calotte di ghiaccio per stimare la deformazione e i cambiamenti di gravità nella regione e come questi fattori si ripercuoteranno sulla nostra valutazione dei cambiamenti del livello globale del mare”.

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