La presidenza del Consiglio Artico passa della Svezia al Canada e gli esperti internazionali sottolineano ancora una volta quanto sia importante che gli ecosistemi della zona siano protetti anche ora che i cambiamenti climatici rendono navigabili zone pima inaccessibili. Il pericolo più minaccioso è rappresentato dagli sversamenti delle navi e delle estrazioni petrolifere oltre che dall’inquinamento.
Il 15 maggio la presidenza del Consiglio Artico passerà al Canada. Secondo gli esperti sono diversi i problemi ai quali sarà necessario dare risposta: regolare il traffico navale in modo da evitare incidenti, ma anche problemi più comuni relativi a inondazioni e incendi boschivi.
E il Canada ha bisogno di dare l’esempio. Secondo Gli esperti infatti, anche avendo la più lunga linea costiera artica del mondo l’aeronautica risponde male alle possibili emergenze. Infatti pur dovendo rispondere entro 10 ore alle emergenze chiamate dai rompighiacci, ad esempio, a causa della distanza si finisce per poter agire in temini di giorni. La Russia, invece sta costruendo 10 stazioni di ricerca e soccorso lungo la sua rotta del Mare del Nord, e dovrebbero essere attive nel 2015.
La riunione del Consiglio per il passaggio della presidenza si terrà a Kiruna, in Svezia. Vi parteciperanno 300 delegati e si stima che sia la più larga partecipazione mai registrata. Parteciperà anche lo storico canadese John English, che ha scritto un libro di prossima pubblicazione sul Consiglio Artico. English ha dichiarato: “La presidenza del Consiglio Artico rappresenta una reale opportunità per il Canada per dimostrare la leadership in una regione la cui importanza per gli affari globali è in rapida crescita.”
“Alla base di tutti i lavori del Consiglio Artico deve stare un impegno per il pieno coinvolgimento dei partecipanti delle comunità indigene”, spiega Thomas Axworthy, presidente e amministratore delegato della Walter e Duncan Gordon Foundation. “A questo proposito, andando avanti sulla priorità del trasporto sicuro, il Canada dovrebbe ascoltare le voci di coloro che vivono al nord e che conoscono in prima persona le realtà della risposta alle emergenze.”
In una relazione del maggio 2012, il Security Program Munk-Gordon aveva sentenziato che il Canada, pur essendo il secondo stato più grande dell’ Artico cone metà delle terre emerse del paese nella regione artica e subartica, è l’unica nazione artica senza un porto in acque profonde. Pertanto la relazione invitava il Canada ad adempiere i suoi impegni in termini di infrastrutture e capacità di soccorso e quindi di risposta alle emergenze.
E’ comprensibile che il problema delle emergenze riguardi principalmente le popolazioni che abitano nel nord del Canada. Per loro poter rispondere alle emergenze è di primaria importanza, come ha dimostrato un indagine svolta attraverso un questionario.
Inoltre, interrogati se il Canada fosse secondo loro ben attrezzato per rispondere alle emergenze, comprese le squadre di ricerca, il soccorso e le attrezzature, solo il 40 per cento della popolazione ha risposto affermativamente. Appena l’11 per cento pensava che ci fosse una capacità sufficiente per rispondere ai disastri, come ad esempio una fuoriuscita di petrolio.
Un Istituto di indagine del Nord Alaska ha trovato risultati simili in sondaggi svolti nella popolazione di quel paese.
Intanto aumentano i paesi che chiedono di diventare osservatori del Consiglio Artico, ma non si sa quanti sarà concesso.
Il Munk-Gordon Arctic Security Program, nel suo documento, chiede che le informazioni siano accessibili nelle diverse lingue, per favorire la collaborazione e l’efficienza. Chiede che venga data voce a coloro che in quelle terre ci vivono e infine che vengano date forti sicurezze riguardo alla possibilità dei disastri ambientali e alla gestione dell’ inquinamento.