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Crisi missili cuba: le verità nascoste sull’armamento nucleare

Scritto da Nadia Fusar Poli il 16.10.2012

La crisi dei missili di Cuba ebbe inizio 50 anni fa: furono forse i giorni più drammatici dell’intera Guerra Fredda e delle tensioni tra Usa e Urss. Il mondo si trovò ad un passo dallo scoppio di una devastante guerra nucleare.  

Il conflitto tra le due superpotenze è stato più volte analizzato, dibattuto e interpretato, ma numerose domande non hanno ancora oggi una risposta. Gli aspetti sconosciuti della vicenda  e che la storia ancora oggi ignora,  potrebbero mettere in luce una verità ancor più pericolosa e inquietante rispetto alla realtà sinora raccontata e di cui siamo tutti al corrente. Qual era la dotazione degli armamenti strategici? Quale il suo potenziale di distruzione?

Nell’ultimo numero di “Nuclear notebook”, Robert S. Norris, membro senior della Federation of American Scientists (FAS) a Washington, DC, e Hans M. Kristensen, direttore del Nuclear Information Project del FAS, hanno spulciato e indagato le informazioni chiave a disposizione dei funzionari militari e civili, sia degli Stati Uniti che dell’Unione Sovietica, al culmine della crisi, nei mesi di ottobre e novembre del 1962.

Il dettaglio sul numero e sullo stato delle armi in dotazione è rimasto ampiamente trascurato da molti autori, esperti e ricercatori nel corso degli ultimi cinque decenni. Molte armi nucleari, sia statunitensi che sovietiche, erano operative e molte di esse immediatamente disponibili per l’uso.  Gli autori ritengono che solo quando i dubbi circa l’effettiva operatività dei rispettivi sistemi di armamento saranno sciolti, sarà possibile valutare la vera natura della crisi di Cuba.

Per calcolare con precisione il rischio di un conflitto mondiale nucleare, è fondamentale che venga chiarito il cosiddetto NOB (Nuclear Order of Battle). Questo può essere suddiviso in tre categorie:
Forze locali: armi nucleari Sovietiche e statunitensi presenti a Cuba e nei dintorni;
Forze regionali: sia le armi tattiche degli Stati Uniti in Europa per colpire obiettivi in Unione Sovietica, sia le armi sovietiche nell’Europa occidentale dell’URSS destinate ad obiettivi europei;
Forze globali: armi nucleari strategiche degli Stati Uniti -missili balistici intercontinentali (ICBM), sottomarini lancia missili balistici (SLBM) e bombardieri a lungo raggio, in grado di raggiungere l’Unione Sovietica – e, naturalmente, armi nucleari strategiche sovietiche, capaci di raggiungere gli Stati Uniti.

Centocinquantotto testate nucleari sovietiche di cinque differenti tipi erano già a Cuba nel momento in cui fu imposto il blocco militare, il 24 ottobre. Eppure, 50 anni dopo, non si sa quanto fossero realmente pronte ad intervenire o se fossero destinate specificamente alle città degli Stati Uniti.  In Europa, gli Stati Uniti disponevano di circa 500 armi nucleari per attaccare obiettivi occidentali in Unione Sovietica. Con le sue 550, l’Unione Sovietica aveva un arsenale leggermente più grande per colpire obiettivi europei. Il  premier sovietico Nikita Krusciov e i suoi consiglieri militari sapevano che le forze nucleari strategiche statunitensi erano numericamente inferiori, con un rapporto di 17 a 1 nel 1962.

“Molto è stato scritto sulla crisi”, dice Norris. “Anche così, in decine di migliaia di pagine che interpretano e analizzano questo conflitto, mancano informazioni essenziali, in particolare, in merito ad un ordine globale nucleare di battaglia (NOB). Norris continua concludendo che, “esaminare in dettaglio lo stato di ogni armamento può mostrare la vera natura della crisi”:  una guerra nucleare globale fu evitata ma gli scenari di guerra spinsero il mondo sull’orlo del precipizio: il rischio fu probabilmente ancora più grave e pericoloso di quanto si fosse sinora pensato o stimato.

Maggiori dettagli sono disponibili alla pagina http://www.wilsoncenter.org/event/cuban-missile-crisis-nuclear-order-battle

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