Si parla in questi giorni di calore nel nucleo delle centrali di Fukushima e della necessità di raffreddare le barre (adesso addirittura ci sono problemi di raffreddamento anche delle barre esauste nel reattore/deposito n. 4 della centrale). Ma perché le barre di uranio si scaldano? Il calore di decadimento radioattivo (in inglese decay heat) è il risultato del decadimento di elementi radioattivi presenti nella lega metallica che intrappola l’uranio. Questo avviene quando la radiazione interagisce con i materiali circostanti e l’energia delle radiazioni alfa, beta e gamma viene convertita nel movimento degli atomi del materiale, in altre parole in calore.
La temperatura di un corpo, infatti, non è altro che l’energia cinetica che i singoli atomi di questo materiale possiedono, e le radiazioni vanno proprio ad eccitare gli atomi del materiale circostante, rendendolo caldo. Ma quanto dura questa radiazione? In altre parole, quanto tempo ancora dobbiamo raffreddare le barre di uranio nella centrale di Fukushima (ma anche in tutte le altre centrali presenti in questo momento in giro per il mondo)?
Il calore di decadimento radioattivo è un fenomeno naturale e, all’interno del nucleo terrestre, si pensa che sia una significativa fonte di calore. Gli isotopi radioattivi dell’uranio, del torio e del potassio sono i principali elementi naturali che producono calore di decadimento.
Spegnere un reattore
Il calore di decadimento non è significativo in termini di produzione di energia elettrica. Infatti, esso è una parte piccola del calore totale che i reattori nucleari usano per produrre calore e, attraverso turbine generatrici, l’energia elettrica. Al momento dello spegnimento improvviso di una centrale nucleare, come avvenuto nel caso degli 11 reattori nucleari che si sono spenti automaticamente dopo il terremoto del Giappone, il calore di decadimento radioattivo è una piccola parte del calore presente nel nocciolo (o nucleo) del reattore che contiene le barre di uranio. In una centrale ad acqua leggera come quella di Fukushima lo spegnimento avviene facendo scendere tra le barre di uranio presenti nel nocciolo delle barre di controllo, che assorbono i neutroni e impediscono ulteriori reazioni nucleari.
In una tipica reazione di fissione nucleare, 187 MeV (Mega elettronVolt) di energia vengono rilasciati istantaneamente sotto forma di energia cinetica dai neutroni di fissione, dai raggi gamma istantanei e dai raggi gamma dovuti alla cattura da parte del materiale dei neutroni emessi.
Un ulteriore quantitativo di energia di 23 MeV è rilasciato dopo un certo tempo dall’avvenuta fissione di un nucleo fissile, dal cosiddetto decadimento beta dei prodotti di fissione. Circa 10 MeV dell’energia rilasciata dal decadimento beta avviene sotto forma di neutrini, e poiché i neutrini reagiscono pochissimo con la materia circostante, questa energia si disperde facilmente e non crea problemi di raffreddamento. L’energia rimanente, 13 MeV, (il 6.5% dell’energia totale di fissione) resta all’interno del nucleo del reattore dopo ogni fissione di ogni singolo atomo radioattivo. Tredici MeV sono ovviamente un’energia minuscola, ma siccome gli atomi in una barra d’uranio sono tanti, ecco che l’energia complessiva è tutt’altro che trascurabile (d’altronde, si tratta del 6,5% dell’energia complessiva del reattore in attività, quando questo produce centinaia o migliaia di MW di potenza).
Quando un reattore nucleare viene improvvisamente spento, come abbiamo visto in questi giorni presso i reattori giapponesi, e la reazione nucleare non avviene quindi su larga scala, la maggior fonte di calore è dovuta proprio al decadimento beta dei prodotti di fissione.
E per questo motivo che, nel momento stesso dello spegnimento del reattore (ma anche dopo, come abbiamo potuto vedere nel reattore 4 di Fukushima, che conteneva solo barre esauste ed era spento già da prima del terremoto) il decadimento radioattivo produce circa il 7% del calore prodotto in fase di piena attività del reattore, se le barre sono state fatte “funzionare” per un tempo sufficientemente lungo a produrre prodotti radioattivi di fissione, che rimangono nelle barre (a meno che queste non fondano).
Circa un’ora dopo lo spegnimento, il decadimento radioattivo produce circa l’1,5% dell’energia del reattore in funzione. Dopo un giorno, il calore di decadimento scende allo 0,4% del calore prodotto dal reattore in funzione. Dopo una settimana, siamo già scesi allo 0,2%.
La produzione di calore, a questo punto, continuerà a scendere lentamente nel tempo. La curva di decadimento dipende dalle proporzioni dei prodotti di fissione delle barre (in quanto varia il loro tempo di dimezzamento, ossia il tempo in cui la radiazione emessa si dimezza).
La rimozione del calore residuo è quindi un problema molto grosso per la sicurezza non solo di un reattore nucleare, ma anche di un deposito di scorie radioattive per un certo tempo dopo il loro utilizzo come combustibile nucleare. Occorre garantire il raffreddamento continuo delle barre per un lungo tempo per evitare che i materiali altamente radioattivi si liberino in aria o possano interagire con l’ambiente.
La rimozione di calore è normalmente ottenuta attraverso sistemi di raffreddamento molto ridondanti nel nucleo di un reattore, mentre nei depositi si scorie si ottiene attraverso l’uso di cisterne molto grandi e un sistema di dissipazione passiva.
Dopo un anno, un tipico quantitativo di combustibile esausto può generare circa 10 kW di calore per tonnellata, scendendo a 1kW dopo dieci anni. Quindi è importante conservare le barre esauste per un periodo abbastanza lungo in sistemi di contenimento appositi.
Se non si riesce a rimuovere in modo continuativo il calore delle barre di uranio, come stiamo vedendo in questi giorni nel Giappone martoriato dal terremoto e dal successivo maremoto, che hanno messo uso molti sistemi di sicurezza della centrale nucleare di Fukushima, si rischia il surriscaldamento del nocciolo e l’esplosione dello stesso, a causa della pressione che può svilupparsi al suo interno (gli incidenti di questi giorni a Fukushima ma anche quello del 1979 a Three Mile Island ne sono un esempio). Non stiamo parlando di incidenti come quello di Chernobyl (almeno per il momento), in cui il nucleo del reattore esplose letteralmente per aria nella notte e senza alcun preavviso, spargendo pezzi mi metallo radioattivo a chilometri di distanza e senza alcuna possibilità di contenimento, provocando inoltre una nube altamente radioattiva che coprì tutta l’Europa.
ma quindi non è possibile che a seguito dell’abbandono di una centrale nucleare i motori a Diesel con un’autonomia di una settimana si spengano e le barre fondano completamente danneggiano l’ambiente circostante. dopo una settimana il calore residuo sarà appena sufficiente a fondere l’avvolgimento di cemento.
Grazie della spiegazione; molto chiara per i non addetti ai lavori.
Seguo commento.
Ho capito: la ragione è dovuta alla somma pesata delle componenti radioattive, che non conosco, ma prendo per buone.
Qualcosa non torna, l’emivita calcolata dai dati suesposti (es. ln2/(-ln 0,015/1))risulta 0.16, 3 e 18 ore e la somma di esponenziali è ancora un’esponenziale.
Comunque con quei dati, per spegnere una centrale di 700 mW (mJ/sec), occorre raffreddare una massa con potenza al tempo zero di 50 mW, dopo un’ora 10 mW, dopo un giorno 2,8. Raffreddando con acqua con rendimento 0,8, posto entri a 20° ed esca a 60°, disponiamo di (40*1000=(kcal/ton) *1,16/1000*1000))*0,8 = 0,037 mJ/ton. Quindi si inizia con 1350 tonnellate/sec d’acqua, che diviene radioattiva immagino, dopo un’ora 270, il giorno successivo 75, cioè un tubo di quasi cinque metri di diametro con velocità acqua a 4 m/sec. che dimezza dopo una settimana, sempre radioattiva.
E se le barre di controllo non fossero intervenute completamente per deformazioni o rotture causate dal sisma potrebbero proseguire reazioni fissili zonali e per quanto tempo?
ma con tutte queste stupende informazioni che avete rilasciato sul nucleare sono soddisfattissimo non immaginavo neanche lontanamente che per estinguere il genere umano bastava creare qualche centrale nucleare in ogni paese bravi complimenti siete dei cervelloni senza eguali peccato solo che non avete calcolato che nella distruzione del mondo non cè salvezza per nessuno siete senza cuore e Dio avrà molta cura di voi
non si potrebbero immergere nel reattore tubi di piombo collegati ad un dispersore di calore e facendo circolare azoto liquido ?
@yareol
Ma non ti viene in mente che se non riescono nemmeno ad immettere acqua come cavolo potrebbero metterci delle sfere? E dove le troverebbero in tempo rapido?
Certo l’idea potrebbe essere valida per un sistema di spegnimento d’emergenza in futuri reattori.
Se posso dare un suggerimento relativamente competente, nell’impossibilità di pompare acqua nella vasca del reattore, perchè non versare al suo interno granuli di tungsteno? Il tungsteno è uno degli elemento che schermano maggiormente anche alti livelli di radioattività, fungerebbero da barre di controllo assorbendo i neutroni lenti emessi dall’uranio, inoltre il tungsteno resiste ben oltre i 3000 °C e sottrarrebbe calore alle barre di combustibile nucleare diffondendolo e disperdendolo per tutta la massa di granuli. Naturalmente è necessaria una grande quantità di granuli, fino a coprire per metri la cima delle barre, ma se si riesce nell’operazione si può fermare la fissione e rallentare in modo significativo lo sviluppo di calore impedendo che le barre fondano. C’è un modo per far giungere questo suggerimento ai tecnici delle centrali?
Complimenti,è una chiarissima spiegazione dei fenomeni in atto
e delle loro possibili conseguenze