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Nel nostro intestino una cura contro l’Alzheimer?

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 01.06.2013

L’Università di Bologna ha rivelato che un batterio che può causare qualche problemino di salute, l’Escherichia coli, è anche una potenziale arma contro la malattia neurodegenerativa che affligge milioni di persone nel mondo, il morbo di Alzheimer.

Scannerizzazione di un cervello con il morbo di Alzheimer  Foto : US National Institute on Aging, Alzheimer's Disease Education and Referral Center  Fonte: Wikipedia

Il batterio che risiede nel nostro intestino e che produce una sostanza tossica, causa di periodiche intossicazioni alimentari, potrebbe essere anche una possibile cura per l’Alzheimer. Lo studio, a cui collaborano ricercatori del Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità e del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie e del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Bologna, è stata recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Plos ONE.

Gli scienziati hanno dimostrato che una singola dose della tossina CNF1, quella prodotta dal batterio E. Coli presente nell’intestino umano, può far regredire sino a farli scomparire i sintomi infiammatori nel cervello causati da una malattia simile all’Alzheimer umano che affliggeva alcune cacie di laboratorio.

Precedenti ricerche dell’Istituto Superiore di Sanità avevano già evidenziato come la tossima CNF1 possa stimolare la plasticità cerebrale e le capacità cognitive in topi sani.

Nel nuovo studio si aprono nuovi possibili scenari nella lotta all’Alzheimer. “Nel corso delle nostre ricerche – ha affermato Carla Fiorentini, coordinatrice del gruppo dell’ISS che si occupa della tossina CNF1 – avevamo già evidenziato come il CNF1 possa stimolare la plasticità cerebrale e combattere i deficit cognitivi e di coordinazione in un modello murino per la Sindrome di Rett, malattia rara del neurosviluppo”.

“Oggi dimostriamo di poter contrastare, grazie al CNF1 – dicono Gabriele Campana e Roberto Rimondini-Giorgini, coordinatori del gruppo dell’Università di Bologna – importanti sintomi neuroinfiammatori, comuni a diverse malattie neurodegenerative, inclusa l’Alzheimer, per le quali non esiste una cura”. Questo studio pre-clinico ha già prodotto un brevetto internazionale. La speranza è di poter arrivare nel minor tempo possibile alla sperimentazione sull’uomo.

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