E’ stata presentata ieri a Settimo Torinese una sperimentazione d’avanguardia nel campo della tecnologia solare. Due aziende specializzate in biotecnologie e energie rinnovabili, e con il supporto scientifico dell’Università di Torino daranno il via ad un impianto fotovoltaico che usa il succo di mirtilli per generare energia elettrica.
I ricercatori del Nis (Nanostructured Interfaces and Surfaces Centre of Excellence) dell’Università di Torino fianco a fianco con Cyanine Technologies – spin off della stessa università – e Pianeta, una società di Settimo Torinese, hanno intrapreso una avveniristica sperimentazione per la produzione di energia elettrica usando le piante. Al posto dei classivi moduli fotovoltaici al silicio, i nuovi pannelli usaranno il mirtillo, un componente biologico che ha già dimostrato importanti proprietà di conversione luce-elettricità e che è altamente biodegradabile.
Grazie al supporto dei ricercatori del Nis, il progetto è riuscito a sposare in maniera strategica le competenze specifiche delle due aziende torinesi – Cyanine con il suo know how in NanoBioTechnology e Pianeta con la sua esperienza tecnica sul fotovoltaico – con l’obiettivo di proporre al mercato una tecnologia alternativa che entra a pieno titolo nell’era del “fotovoltaico di terza generazione”.
l silicio è il materiale principale con cui vengono costruiti i pannelli solari, ma sono da tempo noti e appurati i suoi principali difetti: il costo elevato, la resa inversamente proporzionale all’aumento della temperatura e pari in media al 15% dell’energia solare. Per questo già da qualche anno si stanno cercando soluzioni alternative, soprattutto nel mondo della “sintesi biologica”.
La soluzione del mirtillo ne è un esempio: la proposta di Cyanine è la realizzazione di pannelli costituiti da uno strato di pigmento fotosensibile, l’antocianina, ottenuta dalle bacche di questo gustoso frutto, confinato tra due strati di vetro o plastica trasparente e flessibile, che viene messo a stretto contatto con un elettrodo composto da nanoparticelle di ossido di titanio.
L’adozione di questo tipo di soluzione, eliminando alla radice l’utilizzo del silicio, offre diversi vantaggi: costi di produzione contenuti con un risparmio del 60%, maggior flessibilità dei supporti – che troverebbero un più ampio spettro di applicazioni pratiche (dai tetti dei palazzi alle tende della protezione civile, dalle finestre ai parabrezza delle automobili) e una maggiore resa qualitativa e quantitativa nella produzione di energia solare, dal momento che funzionano anche nelle zone d’ombra essendo più sensibili alla luce.
A fronte di una politica nazionale ed europea di finanziamenti scostanti per il fotovoltaico, e in un’ottica di risparmio energetico a monte della progettazione, la sperimentazione torinese rappresenta un’ottimo spunto di riflessione e un incentivo a continuare lungo la strada della ricerca. Il business del futuro potrebbe dunque essere la coltivazione di mirtilli.
Molto interessante. Sono un privato, la mia casa ha un tetto, mi piacerebbe sperimentare questo tipo di pannelli.
Ringrazio per eventuali notizie in merito.
Buongiorno, ho visto, il 14/06, la trasmissione geo&geo in cui si parlava di questo interessante argomento. Produrre fotovoltaico dal succo di mirtilli. Volevo sapere la durata di questi eventuali pannelli, perchè non sono riuscito a capirlo in trasmissione. Vorrei, se possibile, saperne di più e quindi approfondire l’argomento.
Ok, basso impatto ambientale, ma la durata di un simile prodotto a base organica?