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La paura

Scritto da Maria Rosa Pantè il 25.08.2015

Volevo parlare della paura dell’ISIS, delle guerre, dello straniero, della crisi… e invece ho scritto della paura all’osso, della paura, credo, essenziale, inspiegabile, la paura tipica degli attacchi di panico. Paura straniante. Che io ho passato, che ora è scivolata via, forse ritornerà. Spero di no.

Ne ho parlato in versi, non so perché.

Sento molto parlare di paura.

In questi tempi. In questi tempi io invece

non ho paura. Non ho mai avuto

paura in sintonia

con gli altri. Ho paure diverse in tempi

diversi. La mia paura deve essere

riempita di cose. La mia paura

è piena solo di paura. È tutta,

evangelicamente,

dentro di me. Io guardo guardo sempre

la mia trave. La mia trave che scoppi

ed esca da me è la mia paura.

Non ho paura della forza. Forse

un po’ ma poi mi passa. Non ho

paura di chi uccide, e fa del male,

nemmeno di chi mi ama.

O forse di chi ama un po’ ho paura.

Di me. Di me ho paura.

Paura di perdere i miei confini.

La mia pelle. Paura che le viscere,

le mie viscere in strada si spargano.

Paura di essere tutto. Indistinto.

La paura della paura è perdere

la forma. Paura non della morte

ma del dissovilmento. Dissolversi

uscire da se stessi, dispedersi

in ogni luogo e tempo.

Paura insostenibile.

Da sola ho attraversato la paura.

Sono andata dinanzi a Dio, o nei pressi,

malamente l’ho apostrofato. Ho scritto:

“Con quale sfrontatezza divina

mi dirai non avere paura?”

Ora essere tutto è la mia gioia.

Mi svuoto in allegria.

Accolgo tutto e tutti

nessuno può farmi paura. Sono

così forte che non faccio paura,

faccio ridere. Sono così forte

che sorrido e leggera mi disperdo..

E se Dio esiste, Dio ha ragione:

“Non abbiate paura”.

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