Adesso che è passato qualche giorno dall’annuncio e che le acque, anzi le onde, mediatiche si sono calmate potrei parlare delle onde gravitazionali. Oggetto misterioso, inafferrabile, per ora indecifrabile.
Oggetto si fa per dire ovviamente.
Ma in considearazione del fatto che oggi è il 17 febbraio ho pensato di parlare di un altro oggetto ancor più misterioso, inafferrabile, indecifrabile: il gatto.
Oggetto si fa per dire.
Il 17 febbraio è la Giornata internazionale del gatto. Il numero è il 17 perchè il gatto, come ogni entità misteriosa, ha un alone di magia, di superstizione che ancor oggi, ahimè, gli procura sofferenze e morte. Soprattutto quando il gatto è nero.
Guardo i miei gatti mentre misteriosamente tutti e tre mangiano ciascuno dalla sua ciotola. Un momento di armonia universale. Un breve momento solitamente.
Li osservo mentre guardano fuori della finestra.
Di solito con le imposte chiuse.
Loro guardano attraverso le fessure.
Guardano? Non so, forse meditano per entrare di più nella loro insondabile felinità.
O sognano a occhi aperti e come i poeti hanno bisogno di sognare oltre ostacoli, di immaginare, per vedere oltre il visibile. Per attingere l’invisibile.
Certo per noi umani invisibile spesso è ciò che attira l’occhio, bellissimo, del gatto.
Li ammiro nella loro bellezza, sono eleganti, anche quando sono buffi. Sono eleganti anche i gatti goffi. Sono agili, snelli, sinuosi anche i gatti grassi e grossi.
Sono feroci i gatti. Non crudeli come si dice. Sono feroci e grati alla preda. Sono predatori per necessità evolutiva. E sono indifesi, hanno piccole unghie inutili per difendersi dall’uomo.
Quando l’uomo, invidioso della loro struggente bellezza, li cattura e li ammazza.
Io sto davanti ai miei gatti come di fronte a qualcosa che è sacro. Per il fatto che respirano e rendono viva la mia casa.
Li guardo negli occhi con sguardo che a volte ricambiano e sono momenti di grazia. Perché non mi specchio in altri occhi umani, ma viaggio su onde che non sono gravitazionali, ma evolutive, ma biologiche, ma della specie stessa. Viaggio attraverso le classificazioni, le linee di demarcazione, i confini. Viaggio negli occhi di un essere diverso da me non solo come individuo ma come specie.
Una volta mi è capitata un’emozione ancor più strana quando ho fissato negli occhi un serpente, stranamente risparmiato dalla paura e dalla furia ignorante dell’uomo.
Io guardo i miei gatti e non sono più solo un essere umano sono molto di più, sono anche un gatto. Vedo in loro la mia stessa fragilità, entrambi siamo soggetti alla morte, ai bisogni di ogni esistenza. Ma vedo anche che ci unisce l’affetto, una comprensione senza parole, la gatta mi lecca come fossi la sua cucciola o la sua mamma.
Il mistero di un essere così altro da me, resta però un mistero per quando i nostri occhi si incontrino.
Come le onde gravitazionali.
Come il fatto che quel fenomeno si chiama onda gravitazionale perchè cervelli umani così lo hanno chiamato.
E gatto è gatto e il mio cervello non sarà mai capace di immaginare (sentire forse?) le onde gravitazionali come un gatto.
E io non saprò mai cosa pensa il mio gatto, non solo, non saprò mai come pensa. Quali domande, quali emozioni, quali visioni del mondo lo accompagnino.
Onde gravitazionali e gatti: potrebbero essere la stessa cosa se invece di un cervello umano io avessi un altro modo di vedere, pensare, essere. Claustrofobia, un po’ mi viene la claustrofobia.
Ma certo il 17 febbraio sia lode al gatto e anche tutti i gironi di ogni anno.
Persino l’intelligenza artificiale quando ha avuto un suo pensiero indipendente da una programmazione ha pensato a un gatto!