Gaianews

Aborto e caso Jesi, AIED: “necessaria soluzione per applicare la legge 194”

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 08.09.2012

OspedaleAscoli Piceno – Riguardo alla chiusura dei reparti per l’interruzione di gravidanza a Jesi per mancanza di personale non obiettore, si levano le voci della società per un rispetto della legge. Il caso di Jesi non è infatti l’unico in Italia e rende evidente come in alcune regioni il servizio dell’interruzione di gravidanza è nella pratica inesistente, come da tempo ormai denunciato da molte organizzazioni e operatori del settore.

In particolare nelle Marche, piccola regione con un tasso di abortività (numero di aborti per mille donne in età fertile) tra i più bassi in Italia e in Europa, è un grave problema garantire un servizio essenziale.

“Negli anni in cui l’aborto farmacologico era sperimentale – dichiara Laura Olimpi, Presidente della sezione AIED di Ascoli Piceno – la regione era una delle poche ad aver avviato la sperimentazione ed a consentire quindi alle donne che lo volevano di evitare l’aborto chirurgico, quando possibile; ora che la RU486 è stata finalmente autorizzata al commercio anche in Italia, la Regione si è guardata bene dal redigere le linee guida e quindi nessun ospedale ha ancora iniziato ad usarla.
In un’intera provincia, quella di Fermo, la legge 194 è totalmente disattesa e praticamente da sempre non si effettuano interventi nel locale ospedale. Dove qualche ginecologo non obiettore si trova viene praticato una specie di numero chiuso, con un tetto massimo di interventi a settimana sempre più piccolo di quello che serve, costringendo chi resta fuori ad affannosi giri per la regione alla ricerca di chi ti accoglie, e sono quasi sempre le extracomunitarie a dover girare perché sembra esserci una preferenza per le residenti nel creare le liste. E le donne, spesso con difficoltà economiche o senza mezzo di trasporto, arrivano in molti casi all’ospedale di Ascoli, dove del servizio IVG si occupa la sezione AIED locale. Anche ad Ascoli, infatti, tutti i medici sono obiettori. In questo ospedale lo scorso anno solo una donna su tre era del territorio, le altre provenivano dalla costa o dal vicino Abruzzo, ma soprattutto da Ancona o dal resto della Regione.”

A maggio scorso l’AIED e l’Associazione Coscioni in occasione di un convegno, hanno avanzato delle proposte concrete e semplici per porre rimedio a questo disservizio, interpellando direttamente il Ministro Balduzzi e tutti i presidenti delle regioni italiane, per esempio prevedendo concorsi pubblici specifici per medici non obiettori che possano controbilanciare gli obiettori.

Il problema è tecnico perché gli aspetti morali e politici dell’aborto sono stati superati da tempo, come da ultimo ha dimostrato la sentenza di giugno della corte costituzionale nei confronti del tentativo del giudice tutelare di Spoleto di invalidare la legge.

Un governo tecnico non dovrebbe quindi avere difficoltà nel risolvere “tecnicamente” il fenomeno dell’obiezione di coscienza diffusa, se inquadrato come deve essere nell’ambito della violazione di un diritto sancito dalla legge. Occuparsi di questo problema è di certo più urgente che mettere al lavoro decine di esperti per presentare un ricorso inutile (e per molti versi crudele) sulla sentenza di Strasburgo sulla legge 40 sulla procreazione assistita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
  • Andrea scrive:

    A differenza di quanto accadeva negli anni ’70 e ’80 nella nostra società in questi ultimi 20 anni stanno aumentando le spinte per comprimere i diritti delle persone e imporre loro cosa fare calpestando le coscienze. E’ un elemento del processo di involuzione democratica che stiamo vivendo, ormai le nostre democraie sono sempre più formali.
    Questo non è un problema tecnico: si tratta di decidere se è giusto imporre a un medico, che ha come missione quella di salvare la vita delle persone, di curarle, di obbligarlo anche ad uccidere delle bambine e dei bambini non nati. L’aborto non cura nessuno, è stato imposto ai medici solo perché sono gli unici che già avevano a che fare con uteri ed embrioni.
    Si tratta di decidere se è giusto discriminare dei medici per delle loro idee e convinzioni personali: non abbiamo invece una Costituzione che garantisce la libertà di pensiero e di opinione? Sarebbe un ritorno allo Stato etico, che dice in tutti i campi della vita cose è giusto fare e obbliga i cittadini ad adeguarsi.