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Il valore economico della biodiversità: una nuova alleanza tra economia ed ecologia

Il CURSA rilancia una forma di incentivazione economica dei beni ecosistemici, il PES

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 04.04.2013

Secondo quanto emerge dagli ultimi rapporti della Commissione europea entro il 2050 la perdita economica, a causa del depauperamento dei servizi ecosistemici, raggiungerà i 19 miliardi di dollari. Secondo il TEEB (”The Economics of Ecosystems & Biodiversity”) tali danni andranno ad incidere sull’economia globale per circa il 10% del PIL annuo.. 
Per questo sono necessarie per produrre i nostri beni e servizi ecosistemici.

insetto

L’Italia, secondo un comunicato del CURSA, il Consorzio Universitario per la Ricerca Socioeconomica e per l’Ambiente, “per la posizione geografica che assume risulta essere il Paese con la maggiore varietà di specie in UE, con circa 56.000 d queste soggette a continue minacce quali ad esempio la modifica degli habitat ed il consumo di suolo.” Secondo CURSA anche “i dati a livello globale sono preoccupanti. Basti pensare che ad oggi la perdita di biodiversità nel mondo ha assunto costi elevati che si riflettono sull’intera economia globale attraverso il danneggiamento delle singole economie, delle prospettive economiche e delle possibilità di combattere la povertà.”

Anche il Ministro dell’Ambiente Clini, in occasione della presentazione dello studio del Ministero dell’Ambiente dal titolo “Parchi nazionali: dal capitale naturale alla contabilità ambientale”, ha affermato che “La ricchezza del paese non si basa solo su valori industriali, ma anche sull’uso delle risorse naturali ed energetiche”.

CURSA nel comunicato rilancia pertanto una forma di incentivazione economica il PES (Payment for ecosystem services): “l’utente o il beneficiario di un servizio ecosistemico, effettua il pagamento diretto per la fornitura di un servizio. I meccanismi di finanziamento negli anni sono notevolmente aumentati e ad oggi sono più di 300 i programmi in atto a livello globale, nazionale e locale.”

Spiega Cursa che “l’introduzione dei PES consentirebbe ad esempio alle imprese agro-forestali presenti nelle aree agricole ad elevato valore ecologico caratterizzate da una scarsa produttività, di incrementare la propria fonte di reddito. Conseguentemente, attraverso tale incentivo, gli agricoltori sarebbero incoraggiati a mantenere e migliorare le pratiche agricole contribuendo ad arrestare la perdita di biodiversità. In questo modo la tutela e la conservazione degli habitat e delle specie consentirebbe la funzionalità dei servizi ecosistemici con conseguenti benefici socio-economici per la collettività.”

CURSA ha ad oggi attivo un progetto europeo “Making public Good provision the core business of Natura 2000” coordinato dal CURSA, che si pone l’obiettivo di contrastare la vulnerabilità degli ecosistemi fornendo strumenti efficaci di gestione e autofinanziamento in base alla valutazione qualitativa e quantitativa dei Servizi Ecosistemici.

E la tutela della fauna selvatica? CURSA spiega che “Le politiche di tutela della biodiversità inoltre devono confrontarsi con i costi legati alla conservazione. Secondo uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Science (Financial Costs of Meeting Global Biodiversity Conservation Targets: Current Spending and Unmet Needs, November 2012: Vol. 338 no. 6109 pp. 946-949) la conservazione delle specie animali a rischio di estinzione dovrebbe costare circa 80 miliardi di dollari. Il valore andrebbe valutato non soltanto in termini strettamente economici, ma anche attraverso i molteplici indicatori non utilitaristici degli ecosistemi e dei servizi.”

 

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