E’ stato pubblicato il primo studio che confronta la perdita di biodiversità con le altre cause antropiche che hanno effetto sugli ecosistemi, come i cambiamenti climatici e l’inquinamento. I risultati dimostrano che la perdita di biodiversità ha effetti paragonabili alle altre cause.
Lo studio è pubblicato sulla rivista Nature e i ricercatori hanno affermato che da questi risultati si evince che sono necessarie politiche per la tutela della biodiversità a livello, locale, nazionale e internazionale.
“Questa analisi stabilisce che la biodiversità ridotta incide sugli ecosistemi a livelli comparabili a quelli del riscaldamento globale e dell’inquinamento atmosferico”, ha detto Henry Gholz, direttore del programma nella divisione della National Science Foundation di Biologia Ambientale, che ha finanziato la ricerca direttamente e attraverso il National Center for Ecological Analysis and Synthesis.
“Alcune persone hanno assunto che gli effetti della biodiversità siano relativamente minori rispetto ad altri fattori di stress ambientali”, ha detto il biologo David Hooper della Western Washington University, autore principale dello studio.
“I nostri risultati mostrano che la futura perdita di specie ha il potenziale per ridurre la produzione vegetale quanto il riscaldamento globale e l’inquinamento.”
Gli studi negli ultimi due decenni hanno dimostrato che più gli ecosistemi sono diversi biologicamente più sono produttivi.
Come risultato, c’è stata una crescente preoccupazione che i tassi molto elevati delle estinzioni – a causa di perdita di habitat, sovrasfruttamento e di cambiamenti ambientali causati dagli uomini – potrebbe ridurre la capacità della natura di fornire beni e servizi come cibo, acqua potabile e un clima stabile.
“La perdita della diversità biologica a causa dell’ estinzione delle specie sta per avere effetti importanti sul nostro pianeta, e dobbiamo prepararci ad affrontarle”, ha detto l’ecologo Bradley Cardinale della University of Michigan, uno dei co-autori. “Queste estinzioni possono ben essere considerate come uno dei cinque principali fattori di cambiamento globale”.
Nello studio, Hooper, Cardinale e colleghi hanno combinato i dati provenienti da un grande numero di studi pubblicati per confrontare come vari fattori di stress ambientali globali influiscono su due importanti processi negli ecosistemi: la crescita delle piante e la decomposizione delle piante morte da batteri e funghi.
Lo studio ha presupposto la costruzione di una banca dati basata su 192 pubblicazioni peer-reviewed in merito agli esperimenti che hanno manipolato la ricchezza di specie ed esaminato il loro effetto sui processi ecosistemici.
Dallo studio emerge che se la perdita di specie è entro il 20% allora gli effetti sugli ecosistemi saranno trascurabili o di grado basso.
Negli ecosistemi in cui le perdite delle specie vanno dal 21 al 40 per cento, tuttavia, si prevede una riduzione della crescita delle piante dal 5 al 10 per cento.L’effetto è paragonabile agli effetti previsti del riscaldamento climatico e dall’ aumento della radiazione ultravioletta a causa della perdita di ozono stratosferico.
Ai livelli più alti di estinzione (dal 41 a 60 per cento delle specie), gli effetti della perdita di specie sono classificati come quelli di altri importanti cambiamenti ambientali, come, ad esempio l’inquinamento da ozono, le piogge acide sulle foreste e l’inquinamento dei nutrienti.
“Stando alle previsione sulle perdite di specie, abbiamo visto cali medi di crescita delle piante che erano paragonabili ad altri importanti cambiamenti ambientali causati dall’uomo”, ha detto Hooper.
“Molti di noi che lavorano in questo studio sono stati sorpresi dalla forza comparativa di tali effetti.”
La forza degli effetti della perdita biodiversità osservati suggeriscono che i politici che sono alla ricerca di soluzioni per altri problemi ambientali più pressanti devono essere consapevoli dei potenziali effetti negativi sulla biodiversità.
“La sfida più grande è quella di prevedere gli effetti combinati di questi cambiamenti ambientali per gli ecosistemi naturali e per la società”, ha detto Emmett J. Duffy del Virginia Institute of Marine Science, co-autore della ricerca.