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Le dichiarazioni di Scaroni (ENI) sulle rinnovabili

L'a.d. di Eni: “Abbiamo investito in modo dissennato nelle energie rinnovabili, eravamo ubriachi?”. La presa di posizione è forte, data l'autorevolezza di Scaroni. Queste frasi possono nuocere allo sviluppo green del paese in un momento delicato per le scelte economiche.

Scritto da Leonardo Fumelli il 22.07.2013

 Hanno avuto poca risonanza le dichiarazioni dell’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni, rilasciate nell’ambito di una conferenza organizzata da Confindustria Energia.

“Abbiamo investito in modo dissennato nelle energie rinnovabili, eravamo ubriachi?”.

E ancora:

L’Italia “ha puntato su energie vecchie, costose e inefficienti, creando un peso spaventoso  sul consumatore e sulle industrie che durerà per i prossimi 15 anni”.

La situazione per il paese sappiamo essere critica, la politica sta cercando di racimolare soldi, recuperare risorse, per alimentare e dare fiato all’economia, al mercato, alle piccole e medie imprese.

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Le decisioni politiche sono delicate e decisive: indirizzeranno il destino di un mercato in crisi.

Il mercato dell’energia è trainante, le scelte in materia si ripercuotono sui business delle imprese coinvolte, ora in difficoltà.

Il rappresentante della maggiore azienda pubblica, che ha come cuore del business l’estrazione e la distribuzione di idrocarburi, colpevolizza con convinzione la green-economy, lanciando inevitabilmente un messaggio pubblicitario a favore di altre tecnologie.

L’organizzazione internazionale Greenpeace ci tiene però periodicamente aggiornati sulle vicende legate a queste altre tecnologie.

Il quattro giugno scorso a Gela, in Sicilia, il malfunzionamento di una valvola di sicurezza della raffineria Topping 1 di Eni, ha provocato lo spargimento di petrolio in mare causando una macchia di colore nero. L’allarme dato dai cittadini ha portato al sequestro dell’impianto, è scattata un’indagine per disastro colposo.

Il due luglio in Africa, in Congo, affonda una delle sei piattaforme off-shore della Saipem, corollaria di Eni. Si chiamava Perro Negro 6 e si trovava vicino alla foce del fiume Congo. Il disastro è stato causato dal cedimento del fondo marino al di sotto di una delle gambe dell’impianto. La compagnia si è detta coperta da assicurazione sotto tutti gli aspetti.

Sempre a luglio, a Taranto, è avvenuto uno sversamento dalla raffineria Eni a causa di un fulmine. Era in corso un temporale. Un black-out. La capitaneria di porto ha tranquillizzato la popolazione affermando che nonostante la macchia scura presente nell’acqua non ci sarà nessuna dispersione del prodotto al largo.

Nell’Italia in crisi, sensibile agli  slogan, l’attacco al settore delle energie rinnovabili, quello cresciuto di più negli ultimi anni, come indotto e come capacità d’attrazione di capitali, quello più tartassato amministrativamente e normativamente, fa scorgere un’involuzione del sistema energetico, sottoposto ancora all’incerto e incontrollato gioco dell’olio e del gas. 

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