Le due teorie quadro che governano la fisica moderna, Meccanica Quantistica e Relatività Generale, restano due ambiti distinti nonostante i numerosi tentativi di unificazione presentati negli ultimi anni. All’interno di questo panorama scientifico, la figura di Eric Weinstein è, senza dubbio, peculiare.
Ph.D in Fisica e Matematica ad Harvard, attualmente consulente di Natron Group, un hedge fund di Manhattan, è finito l’anno scorso sulle prime pagine di tutti i giornali statunitensi, dopo che il matematico Marcus du Sautoy lo ha invitato all’Università di Oxford a tenere una lezione su una nuova teoria sull’origine dell’Universo: la Geometric Unity che è forse – ma non si è ancora capito – un’ennesima variante all’interno delle teorie delle Stringhe.
Marcus du Sautoy ha fornito una panoramica della teoria dell’amico sulle pagine di The Guardian, convinto di essere di fronte non solo ad una teoria, ma a un nuovo modo di fare scienza. La comunità scientifica resta dubbiosa, soprattutto perché manca ancora una solida base matematica su cui possa poggiare. Ciò posto, cerchiamo di capire in sintesi di cosa si tratta analizzando i punti controversi.
Una questione estetica. La maggior parte dei fisici che lavorano sull’unificazione stanno cercando di creare una versione quantistica della Relatività Generale, che si accordi con la lista delle particelle fornitoci dal Modello Standard. Al contrario, Eric Weinstein crede che si dovrebbe iniziare con gli strumenti geometrici di base della relatività generale e, successivamente, estendere le equazioni senza preoccuparsi se si adattano o meno con l’Universo osservabile. Equazioni alla mano, si può provare ad accordarle con la realtà.
Il metodo è certamente discutibile; Eric Weinstein risponde alle obiezioni sostenendo che il suo approccio segue le orme di Albert Einstein, Paul Dirac e Chen Ning Yang, proprio di quei fisici le cui equazioni si sta cercando di unificare. Tutti e tre avevano, secondo Eric Weinstein, un animo estetico più che empirico: catturati dalla bellezza ed eleganza delle loro equazioni, le avrebbero portate solo in un secondo momento al cospetto del tribunale dell’esperienza. Per esempio, Paul Dirac aveva previsto l’esistenza del positrone solo basandosi sulle simmetrie della sua equazione che descrive l’elettrone; venne dunque spinto dalla bellezza della matematica – non dalla cogenza dei dati – per dare la caccia a qualcosa che, in quel momento, non esisteva.
Lo spazio a 14 dimensioni. Il fisico Brian Greene, nel suo libro L’universo elegante, spiega che l’ipotesi delle molteplici dimensioni si rende necessaria per accordare la teoria della relatività con la meccanica quantistica: la teoria delle stringhe deve quindi ipotizzare che le particelle atomiche siano situate in spazi diversi, non tridimensionali, ma a 6 o 9 dimensioni arrotolate (o comunque “n” dimensioni) a seconda delle varianti della teoria delle stringhe. Esiste una formalizzazione matematica, anteriore alla teoria delle stringhe, che descrive questi spazi multidimensionali, messa a punto dai matematici Eugenio Calabi e Shing Tung Yau (in gergo, spazi di Calabi-Yau). Le immagini riprodotte qui sotto possono dare una vaga idea della conformazione di questi spazi, pur considerando che esse sintetizzano su un piano bidimensionale ben 6 dimensioni. Derivano comunque da modelli ridotti tridimensionali, “fotografati in rotazione”, come nella sequenza dell’immagine a seguire.
Al centro della teoria di Eric Weinstein c’è il concetto di spazio 14-dimensionale – che lui chiama Obseverse – che contiene, arrotolandole, le quattro dimensioni esperibili nella nostra realtà quotidiana (tre spaziali e una temporale). Le dimensioni extra sorgono estendendo la matematica delle quattro originarie, così come appaiono nella relatività generale, ossia come gli elementi diagonali in una matrice a quattro per quattro.
Le simmetrie matematiche delle equazioni risultanti prevedono tre famiglie, o generazioni, di particelle, proprio come sostiene il Modello Standard, anche se la terza generazione appartiene a un contesto diverso nella teoria di Eric Weinstein. Il suo lavoro, infatti, va incontro (almeno) ad un problema: prevede l’esistenza di nuove particelle, non ancora scoperte, insieme ad immagini speculari di tutte queste particelle (questa moltiplicazione di particelle, se supererà i problemi derivanti dalla simmetria, potrebbe spiegare la massiccia presenza di materia ed energia oscura nel nostro Universo).
Ecco il problema principale. Se la teoria di Eric Weinstein – e lo stesso vale per alcune forme che ha assunto nella storia la teoria delle Stringhe – avremmo già dovuto osservare queste nuove particelle. Dovrebbero, infatti, essere collegate con l’interazione forte, una delle quattro forze fondamentali, che lega protoni e neutroni. Gli esperimenti del Large Hadron Collider sembrano per ora smentire queste ipotesi. Per ora si tratta solo di una tempesta mediatica. Concludo con le parole di Richard P. Feynman: “Il principio cardine della scienza, quasi la sua definizione, è che la verifica di tutta la conoscenza è l’esperimento. L’esperimento è il solo giudice della verità scientifica. Per scoprire qualcosa, è meglio eseguire esperimenti accurati che impegnarsi in profonde discussioni filosofiche”, (Sei Pezzi Facili, Adelphi, 2000, pp.22-23).