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Phorusrhacos: l’uccello del terrore

Per milioni di anni i Fororacri furono fra i dominatori incontrastati del loro continente, fino a che Nord e Sud America non si ritrovarono nuovamente connessi a causa della deriva dei continenti

Scritto da Andrea Maraldi il 07.04.2014

Veniamo oggi a qualcosa di un po’ più recente, ma comunque di molto, molto interessante: il Fororacro, noto anche come Uccello del Terrore. Questo predatore è uno degli ultimi di una schiatta di enormi uccelli non volatori carnivori, che ben poco avevano da inviare ai loro antenati Dinosauri; il Fororacro in particolare è vissuto in Argentina fin quasi alla fine dell’ultima glaciazione. E’ stato uno dei predatori alfa del suo mondo, ma poi la sua diffusione si è ridotta gradualmente fino alla totale scomparsa della specie.

Il Fororacro superava abbondantemente il quintale di peso ed era alto pressappoco due metri e mezzo: solo il suo cranio era lungo più di mezzo metro, ed aveva l’aspetto di un enorme maglio osseo, che terminava in un grande becco dalla punta ad uncino, ideale per trattenere le prede o lacerare la carne delle medesime. Le zampe posteriori erano simili a quelle degli struzzi o degli emu, ma erano molto più muscolose e lo rendevano una creatura sorprendentemente agile in rapporto alle sue dimensioni. Al termine di ogni zampa c’erano tre dita munite di grandi artigli, simili a quelle degli uccelli rapaci, ma ovviamente molto più grandi. Le ali invece con il passare delle generazioni si erano atrofizzate, dato che un simile colosso ovviamente non poteva volare, ma su di esse era presente un “dito” uncinato che, similmente alle “braccine” del Tirannosauro, probabilmente gli era utile per mantenere la presa sulle prede più grandi, o sul dorso del proprio partner durante l’accoppiamento.

 Phorusracos l'uccello del terrore

Come quasi tutti i super-predatori, l’Uccello del Terrore non cacciava mai attivamente le sue prede a meno che non avesse altra scelta: le sue dimensioni e le sue armi gli consentivano di intimidire ed allontanare gran parte dei predatori più piccoli, e di guadagnarsi il cibo facilmente sottraendo loro carogne o prede appena uccise. Quando cacciava, le sue prede preferite dovevano essere esemplari giovani o malati di grandi mammiferi quali il Toxodon, che popolavano il Sud-America durante il suo “regno”. Il potente becco lo rendeva anche quasi sicuramente in grado di avere la meglio su tartarughe ed armadilli, cosa che in parte spiegherebbe perché all’epoca ne esistessero specie davvero enormi. Per milioni di anni i Fororacri furono fra i dominatori incontrastati del loro continente, fino a che Nord e Sud America non si ritrovarono nuovamente connessi a causa della deriva dei continenti: a quel punto mammiferi predatori quali la famosa tigre dai denti a sciabola raggiunsero i loro territori, e la competizione con questi nuovi killer li spinse gradualmente all’estinzione. Animali simili al Fororacro hanno però continuato ad esistere fino a poche centinaia di migliaia di anni fa, ed è ragionevole pensare che occasionalmente gli ultimi Uccelli del Terrore abbiamo incrociato la strada anche dei nostri antenati. 

Sebbene enorme, il Fororacro non era il più grande membro della sua famiglia: nel 2007 è stato scoperto un suo “cugino”, battezzato Kelenken, alto più di tre metri e pesante quasi 200 chili! Vissuto pressapoco negli stessi territorio e nella stessa epoca del Fororacro, è facile immaginare che fra queste due specie di uccelli giganti non regnasse l’armonia: se davvero hanno coabitato negli stessi ambienti probabilmente fra loro c’era lo stesso tipo di “rapporti di vicinato” molto tesi che è possibile osservare, ad esempio, fra le diverse specie di grandi felini in Africa ed Asia, che si contendono prede e territori, e che non esitano ad uccidere i piccoli della specie “avversaria”. Come tutti i grandi uccelli, naturalmente i Foraracri ed i loro “parenti” erano infatti più vulnerabili nei primi mesi o anni di vita, anche perché animali così grossi erano costretti a fare il nido a terra, dove era più esposto, ed in quanto predatori probabilmente ogni nidiata era composta da pochissimi pulcini, se non addirittura da uno solo. Eliminare i già esigui neonati, e quindi mettere a rischio il ricambio generazionale, era un buon modo per sottrarre terreno alla specie. Una debolezza che sicuramente ha contribuito alla vittoria dei carnivori provenienti dal Nord su questi inquietanti predatori.

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