Molte delle forze di coloro che si occupano di energie rinnovabili si rivolgono alla produzione di biocarburante. Le domande riguardano l’efficienza dei biocarburante, ma anche la facilità e la possibilità di produrlo. Una ricerca statunitense ha indagato la possibilità di coltivare alghe per creare biocarburante negli Stati Uniti e secondo una stima si potrebbe creare energia per il fabbisogno di biocarburante relativo ad un mese. La ricerca è pubblicata sula rivista Environmental Science and Technology.
La ricerca ha analizzato quante e quali risorse idriche sarebbero necessarie per coltivare le alghe in appositi stagni molto grandi e poco profondi.
“Anche se ci sono ancora molti dettagli da elaborare, le questioni relative all’acqua non sono un problema per lo sviluppo di un settore delle alghe per la produzione di biocarburanti in molte aree del paese”, ha detto il primo autore Erik Venteris del Pacific Northwest National Laboratory del Dipartimento di Energia.
I luoghi idonei alla coltivazione delle alghe devono essere caldi e molto umidi. I luoghi migliori sembrerebbero essere la Costa del Golfo e la costa sud-orientale
“La costa del Golfo offre una buona combinazione di temperature calde, bassa evaporazione, l’accesso a una grande varietà di acqua, e molti impianti di elaborazione del carburante”, ha dichiarato Mark Wigmosta idrologo, leader della squadra che ha condotto l’analisi.
Sono diversi gli ambiti di ricerca relativi allo studio delle alghe come combustibili. Dalla lavorazione del carburante, alla separazione dalle sostanze inutili, all’uso in composti ibridi con combustibili fossili. Ma, ancora prima, la ricerca di cui parliamo si occupa della crescita delle alghe, quindi la scelta del luogo non deve essere nè troppo caldo nè troppo freddo, e deve avere il giusto clima.
Lo studio si concentra sulle risorse idriche attuali e guarda a una serie di possibili fonti di acqua, tra cui le acque sotterranee dolci, le acque sotterranee salate e l’acqua di mare. Il gruppo stima che potrebbero essere prodotti ogni anno fino a 25 miliardi di galloni di olio algale, con un incremento di 4 miliardi di galloni rispetto alla stima di uno studio precedente. Il nuovo importo è sufficiente a colmare le esigenze attuali di biocarburante della nazione per un mese – circa 600 milioni di barili – ogni anno. Gli autori dello studio fanno notare che la nuova stima è una stima, appunto, basata su un’ipotesi relativa a dei dati su acqua e terra disponibili.
“Sono fiducioso che i biocarburanti algali possano essere parte della soluzione ai nostri bisogni energetici, ma i biocarburanti algali di certo non sono la soluzione a tutto”, ha detto Wigmosta. lA difficoltà più grande secondo l’esperto, è che i costi di produzioni non sono ancora competitivi con quelli del petrolio.
Una fabbrica delle alghe sarebbe probabilmente costituita da numerosi stagni, con l’acqua profonda fra 6 e 15 cm. Alcune aziende hanno costruito fabbriche di alghe più piccole e stanno cominciando a produrre enormi quantità di alghe da convertire in combustibile. All’inizio di quest’anno, una società ha venduto l’olio a base di alghe a clienti californiani.
Exxon-Mobil ha lanciato uno progetto di ricerca da 600,000,000 dollari quattro anni fa e la Intel Science Talent Search ha sviluppato alghe che producono più carburante di quello che farebbero normalmente.
La disponibilità di acqua è stata una delle più grandi preoccupazioni per quanto riguarda l’adozione di produzione su larga scala di biocarburanti algali. Gli scienziati stimano che il combustibile creato con alghe userebbe molta più acqua dei processi industriali utilizzati per sfruttare l’energia da petrolio, vento, luce del sole. Per produrre 25 miliardi di galloni di olio di alghe, il team stima che il processo annualmente richiederebbe l’equivalente di circa un quarto della quantità di acqua che viene ora utilizzata ogni anno in tutti gli Stati Uniti per l’agricoltura. Anche se si tratta di una quantità enorme, la squadra osserva che l’acqua proverrebbe da fonti diverse. L’acqua dolce è utilizzata nella percentuale minore fissata al 5% che potrebbe però variare a seconda della zona.
Secondo gli esperti se l’acqua dolce è presente in minore quantità dell’acqua salata, quest’ultima presenta però dei problemi: quelle sotterrane a sono a volte a profondità eccessive, mentre l’acqua di mare richiede molte infrastrutture.
Sono molto interessato all’argomento dato che sto presentando un progetto di tutela ambientale alla A.E.A intitolato “i laghetti golenali”.Come posso avere maggiori informazioni scientifiche sullo argomento ? Massimo Schiavi