Avrei dovuto dedicare la poesia di Montale profetica (com’è sempre la grande poesia) a Napoli? O meglio alla camorra? O forse ai politici collusi? O anche ai politici miopi ed egoisti della Lega? O ai cittadini? O alla nuova giunta?
Non so, credo che questa poesia sia universale (com’è sempre la grande poesia), credo che riguardi tutti, proprio tutti. Napoli è la vetrina, cosa c’è nel retrobottega di preciso non si sa.
I rifiuti non si lasciano facilmente rifiutare.
Tre parole potrebbero essere la salvezza: sobrietà, riciclaggio, responsabilità.
Lo sciopero dei netturbini
può dare all’Urbe il volto che le conviene.
Si procede assai bene tra la lordura
se una Chantal piovuta qui dal nord
vi accoglierà con una sua forbita
grazia più chiara e nitida dei suoi cristalli.
Fuori le vecchie mura ostentano la miseria,
la gloria della loro sopravvivenza.
Lei stessa, la ragazza, difende meglio
la sua identità se per raggiungerla
ha circumnavigato isole e laghi
di vomiticcio e di materie plastiche.
Qui gli ospiti nemmeno si conoscono
tra loro, tutti incuriosi e assenti
da sé. Il trionfo della spazzatura
esalta chi non se ne cura, smussa
angoli e punte. Essere vivi e basta
non è impresa da poco. E lei pure,
lei che ci accoglie l’ha saputo prima
di tutti ed è una sua invenzione
non appresa dai libri ma dal dio senza nome
che dispensa la Grazia, non sa fare altro
ed è già troppo.
(dal Diario del ’71)