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Micro-particelle di plastica presenti nei molluschi e negli animali marini

Scritto da Chiara Cichero il 19.04.2012

Plastica nei mari

Nel mondo quantità enormi di materie plastiche, in particolar specie le micro-particelle di plastica e tutti gli oggetti di piccole dimensioni, finiscono nel mare e costituiscono un serio pericolo per la vita delle creature marine.
Gli scienziati dell’Istituto Alfred Wegener per la Ricerca marina e polare e dell’ Helmholtz Association hanno analizzato tutti gli studi pubblicati fino ad oggi su questo tema e ne  hanno estrapolato delle linee guida standardizzate per determinare i pericoli e il livello reale dell’inquinamento marino.

Le micro-particelle di plastica sono oggetti, o parti di oggetti che non superano  i cinque millimetri e sono spesso più piccole di un granello di sabbia.  E’ questa la proprietà che le rende oltremodo pericolose per gli ecosistemi marini.

“Le micro-particelle plastiche vengono ingerite dagli organismi e assorbite attraverso il tratto digestivo. E’ stato possibile, per esempio,  individuarle nel tessuto delle cozze o altri molluschi” , afferma il Dott. Lars Gutow, biologo presso l’Alfred Wegener Institute e presso la Helmholtz Association.

Le sostanze tossiche  entrano nella catena alimentare e possono quindi essere dannose anche per l’uomo. Diversi studiosi hanno affrontato congiuntamente la questione di come gli oceani del mondo siano inquinati da particelle micro-plastiche. I biologi hanno studiato ed analizzato le 68 pubblicazioni scientifiche più rilevanti sul tema dell’inquinamento marino e ne hanno concluso che i risultati sono veramente difficili da comparare a causa dei “metodi molto diversi utilizzati”, spiega il Prof. Martin Thiel, iniziatore dello studio.

Lo studio rivela: “Le particelle micro-plastiche arrivano nel mare in molteplici maniere. La quota maggiormente consistente è rappresentata dalle palline di plastica utilizzate come materia prima per la fabbricazione di prodotti come custodie per computer e altri oggetti di uso quotidiano. Queste micro-particelle sono  presenti anche nei cosmetici e nei prodotti detergenti, usate come abrasivi in molti prodotti per il peeling. Questi prodotti raggiungono il mare attraverso i fiumi e le acque di scarico.  Senza considerare le fatidiche bottiglie e sacchetti di plastica che galleggiano  nel mare e che nel tempo si disintegrano in innnumerevoli micro-particelle. “Agli oggetti come bottiglie e sacchetti, servono anni per disintegrarsi in piccolissime particelle. Le radiazioni UV del sole rendono la plastica fragile in modo che venga poi frammentata in parti sempre più piccole dalle onde e dalla forza delle correnti marine”, aggiunge Lars Gutow.

La particella più piccola fino ad oggi rilevata ha un diametro di un micron, cioè un millesimo di millimetro. Praticamente impercettibile. Lars Gutow esorta tutti gli scienziati del settore al rilevamento delle particelle più piccole attraverso uno spettroscopio a infrarossi. Questa procedura rivela tutte le componenti e permette un’identificazione precisa e dettagliata.

Se per il futuro tutti i ricercatori marini utilizzassero i metodi standardizzati per registrare le particelle micro-plastiche, sulla base delle raccomandazioni di questo studio comparativo, allora non solo incrementerebbero l’attendibilità dei loro risultati, ma ne aumenterebbero anche il volume. Più i dati sono attendibili, più i valori che emergono sono da prendere seriamente in considerazione.

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