Con l’avvicinarsi del periodo festivo, la rivista The Lancet ha reso noto il vincitore del premio di saggistica Wakley, in contemporanea alla pubblicazione di un bell’editoriale su un’epidemia spesso ignorata, quella della solitudine, che invece è grave più che mai in questo periodo dell’anno, quando molte famiglie stanno trascorrendo le loro vacanze con i loro cari. Il saggio è della dottoressa Ishani Kar-Purkayastha, dell’Agenzia della Salute del Regno Unito, che ha lo ha basato su un collage di incontri che ha avuto come giovanedottoressa con una paziente anziana, che tentava di trascorrere il Natale in ospedale lamentando finte ferite, per evitare di dover tornare a casa per trascorrere le feste da sola.
La paziente (a cui è stato dato il nome di fantasia di Doris Rafferty nel racconto) spiega che suo marito era morto da più di 20 anni, mentre i suoi due figli vivevano all’estero. Si lamentava di infortuni che una batteria di test non era riuscita a confermare, al fine di prolungare il suo soggiorno in ospedale, prima di tirar fuori il suo vero problema. “E’ solo che sono sola e ci sono tante ore durante la giornata,” dice, prima di emettere un rumore sconsolante che non era né un ridere né un piangere. “Dottoressa”, chiese, “può darmi una cura per la solitudine?”
Il dottor Kar-Purkayastha ha detto: “Probabilmente ci sono migliaia di persone come questa donna, uomini e donne che hanno vissuto molto e che hanno amato molto. Donne e uomini che sono ancora in salute, ma per i quali il tempo si è ormai svuotato, mentre aspettano in case piene di silenzio. Il loro unico errore è stato quello di aver vissuto in un’epoca in cui i vecchi non sono più necessari, in una società ormai consegnata ai giovani”.
E aggiunge: “Per ora il reparto è tranquillo. Nei prossimi due giorni ci sarà qualche festa, ma ci saranno anche alcuni ingressi, di qualcuno che è veramente malato e di coloro che sono soli, di solito le persone anziane, nonne e nonni che vengono per superare le feste. L’ospedale è spesso l’ultima spiaggia per le famiglie che non possono far fronte o che non vogliono affrontare le feste. Questo mi trasmette tutta la verità di questa epidemia che abbiamo tra le nostre mani, una epidemia di solitudine, che attacca in modo insidioso quelli tra noi che hanno visto il flusso e riflusso innumerevole delle stagioni, hanno visto il mondo rimpicciolirsi e quindi crescere di nuovo, troppo.”
L’editoriale si conclude: “Andando a visitare Doris un anno dopo, con un po’ di fortuna potremmo trovarla con più sostegno. L’assenza di parenti stretti nella vecchiaia non deve essere la fine della compagnia. Ci sono molte associazioni che organizzano raduni per gli anziani che vivono soli, mentre i centri sociali e i gruppi di volontariato possono dare alle persone l’opportunità di immergersi in qualcosa che piace loro fare. Allo stesso tempo, è importante riconoscere che la solitudine può essere anche affrontata aiutando le persone a sentirsi più felici con loro stessi. E per quelli di noi che potrebbero avere un po’ di tempo libero durante le vacanze, una visita a un vicino anziano che vive da solo potrebbe dargli proprio quello di cui ha bisogno per rendere le sue delle buone feste”.