“La speranza è in ogni caso rivoluzionaria. Quando non si ha alcuna speranza ogni agire è impossibile”.
Questa settimana sono stata indecisa fino all’ultimo su quale figura filosofica soffermarmi. Alla fine mi sono decisa per E. Bloch.
La scelta non è casuale. Quello che voglio fare passare è il messaggio che la storia della filosofia contemporanea si presenta come un magma variegato di idee, posizioni, personalità. Una realtà estremamente sfrangiata e variegata. Molti movimenti filosofici si accavallano non solo temporalmente ma anche tematicamente.
Alla nostra ricerca mancano almeno due esistenzialisti cui dedicare la nostra attenzione: Simone De Bouvoire e Albert Camus. Cercheremo di farlo le prossime settimane.
Oggi invece affrontiamo un autore che convive con gli albori dell’esistenzialismo ma non ne condivide le posizioni.
Bloch vive un perenne dualismo in se stesso: da una parte ha una profonda consapevolezza del presente storico che vive, caratterizzato, utilizzando le sue parole, dall’oscuramento e dal nichilismo. A ciò però sente l’esigenza di contrapporre un’altrettanta forte speranza nel e per il futuro.
Il XX secolo appare a Bloch come il secolo dell’alienazione e dell’abbandono. In questo tema non vi sembra assai vicino agli esistenzialisti? Sì avete ragione.
Quello che differenzia profondamente Bloch da tale corrente è però l’atteggiamento verso la vita. L’uomo non deve più annuire passivamente a questa esistenza fatta di privazioni, sofferenze, non deve cioè, essere rassegnato.
Egli deve al contrario pensare positivamente al futuro, nella speranza che le cose migliorino. La via dell’angoscia e della disperazione di per sé è priva di senso, può essere di una qualche utilità solo se sostituita dall’attesa fiduciosa e dalla speranza.
La filosofia di Bloch, non a caso, passerà alla storia come filosofia della speranza o ermeneutica della speranza.
Parola essenziale per il nostro autore di oggi è Utopia.
Nel senso comune qualcosa di utopico è qualcosa che si avvicina ad un impotente slancio in avanti, l’immagine che ci viene in mente è quella di Don Chisciotte che cerca di combattere i noti mulini a vento. Ecco, l’Utopia per Bloch è esattamente il contrario. Non è cioè una fuga nell’irreale, ma corrisponde alla messa in luce delle possibilità di cambiamento e miglioramento di una condizione, prima che essa si realizzi nella realtà fattuale.
In poche parole, se io non mi lascio andare a fare ipotesi anche fantasiose sul futuro, sperando di migliorare la mia condizione, questo miglioramento non avverrà mai perché, smettendo di sperare, ci leviamo la possibilità di cambiare la nostra vita.
Idea semplice ma forte.
Bloch vive in un periodo storico estremamente travagliato. Sono gli anni Venti, la recessione era iniziata e l’economia era in un periodo di enorme staticità. La domanda che è lecito porsi è, cosa fa essere così positivo Bloch?
Il primo influsso positivo lo trovo nella mistica ebraico-cristiana. Nella sua filosofia si sente quasi l’eco della promessa messianica. Egli stesso dice di aver riflettuto a lungo sull’Apocalisse: senza l’idea di una fine non si godrebbe appieno degli istanti vissuti ,nella speranza di una giustizia finale.
Secondo elemento è indubbiamente rappresentato dal marxismo. Da qui Bloch mutua quell’idea di un’utopia realistica\concreta che può essere avvicinata alla Realpolitik staliniana. E’ lo slancio verso l’avanti quello che conta davvero. Quello che Bloch vorrebbe ardentemente è un riscatto di tutto il passato carico di sofferenze e ingiustizia in un futuro migliore, per l’intera specie umana.
Terzo elemento influente nel suo pensiero è quello che viene definito lo “spirito d’avanguardia”, vale a dire tutte quelle esperienze artistiche, filosofiche e letterarie che riflettono sulla vita e sul suo significato. Il vitalismo, l’idealismo,l ‘esistenzialismo stesso per la filosofia, ma anche l’espressionismo per l’arte.
Il mio augurio per il nuovo anno è di seguire un po’ l’insegnamento di Bloch: in fondo sperare non costa nulla.
Il film che vi consiglio oggi è Primavera, Estate, Autunno, Inverno e ancora primavera di Kim Ki-Duk.