ARIZONA – Andrei Lebed, che lavora al Dipartimento di Fisica dell’Università dell’Arizona, ha proposto un interessante esperimento per vagliare la validità della nota equazione di Einstein E=mc2. Utilizzando una sonda spaziale carica di atomi di idrogeno e di un fotorilevatore tarato per inviare un segnale luminoso al variare del rapporto energia/massa negli atomi, lo studioso ha ipotizzato che l’equazione E=mc2 non sia sempre vera in tutte le regioni dello spazio.
Andrei Lebed ha presentato i primi risultati dei suoi studi l’estate scorsa al Marcel Grossmann Meeting di Stoccolma, un convegno che, a cadenza triennale, riunisce più di un migliaio di scienziati. La linea di ricerca è stata accolta con curiosità e scetticismo: attendiamo ulteriori discussioni da febbraio in poi, quando l’articolo di Andrei Lebed sarà pubblicato negli Atti del Convegno. Nel frattempo Andrei Lebed ha invitato i colleghi a valutare con attenzione i suoi calcoli e le conseguenze dell’esperimento proposto.
La Relatività Speciale di Albert Einstein e, più in dettaglio, la nota equazione E=mc2 – dove E=energia, m=massa e c=velocità della luce (circa 300.000 Km/s) al quadrato – esprime l’equivalenza tra massa ed energia e permette di comprendere come mai la massa dei corpi può curvare lo spazio. Lo spazio non è una realtà esterna ai corpi attraverso la quale agiscono le forze: secondo Einstein lo spazio è l’effetto di un “campo”. Il concetto di campo venne per la prima volta formulato da Maxwell e ha origine dall’osservazione dei fenomeni elettrici. Con campo si intende una modificazione dell’ambiente causata da un corpo, in modo che non ha più senso dire che i corpi sono in uno spazio.
I corpi hanno uno spazio. Se questo è vero, la semplice esistenza di una massa deforma, crea lo spazio circostante curvandolo nello stesso modo in cui una carica elettrica perturba l’aria e la regione di spazio ad essa contigua. Dato che questa deformazione è responsabile dell’effetto gravitazionale, lo spazio diventa una funzione della materia. Il principio di equivalenza tra masse inerziali e gravitazionali è stato confermato da numerosi esperimenti e calcoli, ed è alla base delle moderne tecnologie, tra cui i cellulari e i sistemi di navigazione GPS. Come è possibile metterne in discussione la validità?
L’equivalenza tra massa ed energia salta negli oggetti quantistici. I calcoli di Andrei Lebed mostrano che, pur con una probabilità davvero bassa (ma non trascurabile) l’equazione E=mc2 salta nel caso di una massa molto piccola. La chiave per comprendere l’idea dello scienziato riposa nel concetto stesso di massa. Secondo il paradigma einsteiniano non c’è differenza tra la massa di un corpo in movimento, definibile nei termini della sua inerzia, e la massa che il campo gravitazionale conferisce ad un corpo (il suo peso). Questo è vero se pensiamo agli oggetti che ci circondano: un’automobile, una palla da biliardo, noi stessi.
Cosa accade se tentiamo di misurare la massa di oggetti molto piccoli? Andrei Lebed sostiene che i casi di violazione dell’equazione di Einstein si hanno quando si tenta di misurare la massa di un oggetto quantistico (se misuriamo la massa e nient’altro siamo al sicuro, nel senso che possiamo lasciare in ombra le complicazioni del Principio di Indeterminazione di Heisemberg).
Prendiamo un atomo di idrogeno: se effettuiamo numerose misurazioni, ad esempio, sulla posizione del suo unico elettrone, i risultati saranno identici nella maggior parte dei casi. Ma non in tutti i casi. Questo scostamento, per quanto minimo, può essere interpretato come una rottura del legame tra massa ed energia e può significare che la massa inerziale non sempre coincide con la massa gravitazionale.
“La maggior parte dei fisici non sono d’accordo con questa affermazione perché ritengono che massa inerziale e massa gravitazionale siano sempre identiche”, ha precisato Andrei Lebed. “Ma il punto per me importante è che la massa gravitazionale non può essere uguale alla massa inerziale a causa di alcuni effetti quantistici implicati nella Relatività Generale di Einstein”.
In presenza di un campo gravitazionale, l’energia e la massa degli oggetti quantistici non sono equivalenti. Dal momento che secondo Einstein la gravitazione è il risultato di una curvatura nello spazio, se si pensa ad una piccola massa che si sposta nello spazio, secondo Andrei Lebed “la curvatura ne disturba il movimento”. La curvatura dello spazio è ciò che rende la massa gravitazionale di un atomo di idrogeno diversa dalla sua massa inerziale.
Un atomo di idrogeno è costituito da un nucleo, da un protone e da un elettrone orbitante. Quando un elettrone occupa un livello energetico superiore (salta in un’orbita più ampia) cambieranno sia la massa che l’energia. Fin qui, tutto bene. Cosa accadrebbe se una quantità ingente di atomi di idrogeno fosse spostata a debita distanza dalla Terra, in una regione dell’Universo dove lo spazio non è curvo, ma piatto? Gli elettroni non potrebbero più saltare da un livello energetico all’altro a causa della mancanza di uno spazio curvo.
Lo spazio piatto in cui si trovano gli elettroni degli atomi di idrogeno li confinerebbe allo stesso livello energetico. “In questo caso gli elettroni potranno occupare solo il primo livello di energia dell’atomo di idrogeno poiché non risentono della curvatura della gravitazione”, spiega Andrei Lebed. L’esperimento che propone prevede l’invio nello spazio di un veicolo contenente un serbatoio di idrogeno e un rivelatore fotosensibile in grado di inviarci un fascio di fotoni ogni volta che si ha un cambiamento di energia negli atomi.
Nello spazio il rapporto tra massa ed energia è lo stesso solo perché nello spazio piatto non si hanno salti quantici nell’atomo (in pratica, l’elettrone dell’atomo di idrogeno occuperà sempre la stessa orbita). Avvicinando gli atomi di idrogeno al campo gravitazionale della Terra, le probabilità che si abbia un salto quantico aumentano progressivamente. Questo testimonierebbe che la curvatura del campo gravitazionale terrestre disturba l’orbita elettronica. Per ottenere questo risultato il veicolo spaziale non dovrebbe andare molto lontano. Basterebbe una distanza equivalente a due o tre volte il raggio della Terra.
La ricerca di una Teoria del Tutto che unifichi tutte le forze in natura, la gravità con la fisica quantistica relativistica, non è solo la sfida più interessante che si pone ai fisici. È il principale ostacolo per la comprensione (come per lo sviluppo) della teoria di Andrei Lebed. Anche se non è stato corroborato da evidenze sperimentali, questa linea di ricerca ha il merito di essere il primo tentativo di combinare in modo coerente la fisica quantistica e la gravità di Einstein. Il lavoro di Andrei Lebed è un buon punto di partenza per capire se e come questo matrimonio sia possibile.
Per maggiori informazioni:
xxx.lanl.gov/abs/1111.5365
xxx.lanl.gov/abs/1205.3134
xxx.lanl.gov/abs/1208.5756