Un gruppo di ricercatori delle Università di Yale e di Harvard è riuscito a ricodificare il genoma di un batterio migliorando, in questo modo, la sua capacità di resistere ai virus. L’articolo, che si intitola Genomically Recoded Organisms Expand Biological Functions è stato pubblicato il 18 ottobre sulla rivista Science.
“Questa è la prima volta che si riesce in modo artificiale a modificare il codice genetico di un organismo dalle fondamenta”, ha spiegato Farren Isaacs, docente di biologia molecolare e cellulare a Yale, uno degli autori della ricerca. “La creazione di un organismo con un nuovo codice genetico ha permesso di ampliare la portata delle sue funzioni biologiche in diversi modi anche potenti”.
Schema del nuovo genoma. (Crediti: Yale University).
La creazione di un organismo ricodificato genomicamente solleva numerose possibilità: ad esempio, riorganizzare e creare potenti forme di proteine, alcune fino ad ora sconosciute in natura, per curare numerose malattie. Ma non solo: le applicazioni spaziano dalla medicina, alla bioingegneria, per giungere alle implicazioni evolutive di questi “interventi”. La ricerca – guidata da Farren Isaacs e da George Church della Harvard Medical School – è il risultato di anni di studi nel campo della biologia sintetica, una disciplina che mira essenzialmente a riprogettare sistemi biologici naturali per scopi utili.
Una rivoluzione in biologia. Qui parliamo di proteine. Alle proteine, che come è noto sono codificate mediante le istruzioni contenute nel DNA e si strutturano in catene di 20 amminoacidi, fanno capo molte funzioni all’interno di una cellula vivente. Gli aminoacidi sono codificati da un set di 64 combinazioni triple di 4 acidi nucleici che, in pratica, sono lo scheletro del DNA. Queste triplette (o set di 3 nucleotidi) vengono chiamate in gergo codoni e sono l’alfabeto della vita.
Ora, cosa hanno fatto i ricercatori? Hanno vagliato una possibilità: manipolare l’alfabeto composto da codoni sostituendone alcuni nel genoma. In pratica hanno introdotto nuove “lettere” per generare amminoacidi che non esistono in natura. Per raggiungere questo scopo sono intervenuti nel genoma di un microrganismo molto noto, l’Escherichia coli.
Modificando i codoni ed eliminando la firma naturale che determina la produzione di proteine (che vengono sfruttate dai virus per infettare altre cellule), ne hanno completamente modificato il genoma rendendo il batterio resistente alle infezioni virali. Successivamente hanno convertito il codone che conteneva il messaggio di stop alla produzione di proteine con uno che codifica nuovi aminoacidi e l’hanno inserito all’interno del genoma.
Le potenzialità di questo metodo sono numerose. Queste tecniche potranno aiutare gli scienziati a convertire un batterio in una vera e propria fonderia vivente, in grado di biomanifatturare una nuova classe di proteine e di polimeri esotici, che saranno utili per nuove classi di materiali, anche su nanoscala. Ma l’applicazione primaria sembra quella medica: si potranno sintetizzare delle molecole che funzionano come veri e propri vettori per far trasportare i medicinali nella zona del corpo in cui sono necessari.
“Dato che il codice genetico è universale, abbiamo ora la prospettiva di ricodificare genomi anche di altri organismi. Questa possibilità ha enormi implicazioni nell’industria biotecnologica e potrebbe aprire nuovi orizzonti nella ricerca e nuove applicazioni fino a poco tempo fa inimmaginabili”, ha concluso Farren Isaacs.