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Rivoluzione: trovata forma di vita che sopravvive senza ossigeno

Scritto da Annalisa Arci il 19.02.2014

L’origine della vita nella sua forma più complessa è una delle grandi sfide della scienza. Come hanno fatto le prime forme unicellulari a specializzarsi e poi strutturarsi fino a raggiungere i livelli di diversità e complessità che conosciamo oggi? Di solito si è indotti a pensare che l’evoluzione verso livelli sempre maggiori di complessità sia legata indissolubilmente all’innalzamento dei livelli di ossigeno nell’atmosfera e, in un secondo tempo, alla sua stabilizzazione ai valori attuali (che risale a circa 630-650 milioni di anni fa).

Ora, un nuovo studio su una piccola spugna marina pescata in un fiordo danese sembra mettere in discussione questa tesi. Più precisamente, sembrerebbe che la chiave di volta non sia stata, in tutti i casi, l’ossigeno. 

Theory on origin of animals challenged: Animals needs only extremely little oxygen

Esemplare di Halichondria panicea usata nell’esperimento (credit: Daniel Mills/SDU).

Gli studi appena condotti su questa spugna dimostrano infatti che gli animali possono vivere e crescere anche con forniture di ossigeno molto limitate, anche quando l’atmosfera contiene solo lo 0,5% dei livelli di ossigeno presenti oggi nell’atmosfera.
“I nostri studi suggeriscono che lo sviluppo delle strutture complesse degli animali non è stata impedita da bassi livelli di ossigeno”, spiega Daniel Mills, ricercatore del Nordic for Earth Evolution dell’Università del Sud della Danimarca.

Benché storicamente l’aumento dell’ossigeno nell’atmosfera sia coinciso con una proliferazione di forme complesse, gli autori dell’articolo precisano che non è mai stata studiata sistematicamente la natura di questa correlazione. Due eventi correlati non necessariamente vanno inseriti in una catena causale. Per capire se il nesso “ossigeno-strutture complesse” sia necessario o meno, il gruppo di ricercatori ha pensato di osservare lo sviluppo di una spugna marina, l’organismo più simile ai primi animali che camminarono sulla Terra, l’Halichondria panicea.

Si tratta di una specie marina polimorfica e con distribuzione cosmopolita, descritta per la prima volta da Peter Simon Pallas nel 1776 (Spongia panicea), in grado di adattarsi ad un’ampia varietà di nicchie ecologiche.
“Quando abbiamo messo le spugne nel nostro laboratorio, hanno continuato a respirare e crescere anche quando i livelli di ossigeno hanno raggiunto lo 0,5 per cento dei livelli atmosferici presenti al giorno”, ha spiegato Daniel Mills, “un livello molto più basso di quello a cui siamo abitualmente avvezzi in questo genere di osservazioni”.

La domanda a cui rispondere ora è questa: se i bassi livelli di ossigeno non hanno impedito agli animali di evolvere, allora cosa è stato? Perché per miliardi di anni la vita è stata esemplificata da batteri primitivi, organismi unicellulari e amebe per poi esplodere improvvisamente in una grande complessità? È un problema che la biologia evoluzionistica dello sviluppo sta cercando di affrontare facendo soprattutto leva sulle recenti acquisizioni teoriche sia in campo paleontologico che in cambio genetico.

“Probabilmente ci sono stati altri meccanismi ecologici ed evolutivi in gioco. Forse la vita microbica è rimasta a quel livello di semplicità così a lungo perché ci è voluto molto più tempo (di quello che noi riusciamo a prevedere) per sviluppare la macchina biologica necessaria per la “costruzione” di un animale. Qualunque sia la risposta più plausibile, sembra dimostrato che quella dell’aumento dell’ossigeno non sia l’unica causa in gioco (ammesso che sia ancora corretto considerarla una causa).

Paper di riferimento: Daniel B. Mills et alii., Oxygen requirements of the earliest animals, in PNASwww.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1400547111.

 

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