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La nascita di un buco nero può essere osservata

Scritto da Paolo Ferrante il 07.05.2013

Quando una stella massiccia esaurisce il suo combustibile, collassa sotto la propria gravità e produce un buco nero, un oggetto così denso che nemmeno la luce può sfuggire alla sua morsa gravitazionale. Secondo una nuova analisi di un astrofisico del California Institute of Technology (Caltech), poco prima che si formi il buco nero, la stella morente dovrebbe in alcuni casi generare un caratteristico bagliore che può quindi permettere agli astronomi di assistere alla nascita di un nuovo buco nero per il prima volta. Tuttavia, la sua teoria deve ancora essere confermata da un’osservazione.

Crediti: NASA/JPL-Caltech

Tony Piro, uno studioso di post-dottorato presso il Caltech, descrive questa esplosione luminosa in un articolo pubblicato nel numero del 1° maggio dell’Astrophysical Journal Letters. Mentre alcune stelle morenti che si trasformano in buchi neri esplodono con emissioni di raggi gamma, tra i fenomeni più energetici mai osservati nell’universo, il caso del bagliore di luce è più raro, perché richiede circostanze esotiche, spiega Piro. “Non pensate che la maggior parte dei buchi neri si creino in questo modo.” Nella maggior parte dei casi, secondo la sua ipotesi, una stella morente produce un buco nero senza nessun ‘botto’ o lampo: la stella svanisce semplicemente dal cielo – un evento definito unnova. “Non si vede alcuno scoppio,” dice. “Si vede una scomparsa.”

Ma, Piro ipotizza, può anche accadere qualcosa di diverso. “Forse questi eventi non sono così noiosi come pensavamo,” dice.

Secondo la teoria consolidata, quando una stella massiccia muore, il suo nucleo collassa sotto il proprio peso. Come esso crolla, i protoni e gli elettroni che compongono il nucleo si fondono e producono neutroni. Per pochi secondi – prima di scomparire per sempre in un buco nero – il nucleo diventa un oggetto estremamente denso chiamato stella di neutroni, che è denso come se il Sole fosse ridotto in una sfera con un raggio di circa 10 chilometri. Questo processo di collasso crea anche neutrini, che sono particelle che riescono ad attraversare quasi tutta la materia a quasi la velocità della luce. Come il flusso di neutrini fuoriesce dal nucleo,  esso porta anche via molta energia – che rappresenta circa un decimo della massa del Sole (in quanto energia e massa sono equivalenti, grazie alla famosa equivalenza einsteniana E = mc ^ 2).

Secondo uno studio poco noto, scritto nel 1980 da Dmitry Nadezhin dell’Istituto Alikhanov di Fisica Teorica e Sperimentale in Russia, questa rapida perdita di massa significa che la forza gravitazionale del nucleo della stella morente dovrebbe bruscamente diminuire. Quando ciò accade, gli strati gassosi esterni – soprattutto idrogeno – che ancora circondano il nucleo dovrebbero spostarsi velocemente verso l’esterno, generando un’onda d’urto che dovrebbe sfrecciare attraverso gli strati esterni a circa 1000 chilometri al secondo.

Utilizzando simulazioni al computer, due astronomi UC Santa Cruz, Elizabeth Lovegrove e Stan Woosley, recentemente hanno scoperto che quando l’onda d’urto colpisce la superficie esterna degli strati gassosi, essa dovrebbe riscaldare il gas sulla superficie, producendo un bagliore che dovrebbe brillare per circa un anno – un segnale potenzialmente promettente per la nascita di un buco nero. Anche se tale lampo è circa un milione di volte più luminoso del Sole, esso è relativamente debole rispetto alle altre stelle. “Sarebbe difficile da vedere, anche in galassie che sono relativamente vicine a noi”, dice Piro.

Ma ora Piro dice di aver trovato un segnale più promettente. Nel suo nuovo studio, che esamina in dettaglio ciò che potrebbe accadere nel momento in cui l’onda d’urto colpisce la superficie della stella, il fisico ha calcolato che l’onda d’urto dovrebbe produrre un lampo da 10 a 100 volte più luminoso della luce prevista da Lovegrove e Woosley. “Questo flash dovrebbe essere molto luminoso, e ci darebbe una maggiore possibilità di osservare che si è verificata [la nascita di un buco nero. ndr.]”, spiega Piro.

Tale lampo sarebbe ancora fioco rispetto alle esplosioni stellari chiamate supernovae, per esempio, ma è abbastanza luminoso da essere rilevabile nelle galassie a noi vicine. Il flash, che dovrebbe durare da 3 a 10 giorni prima di scomparire, sarebbe molto luminoso a lunghezze d’onda ottiche e ultraviolette.

Piro stima che gli astronomi dovrebbero essere in grado di vedere uno di questi eventi all’anno in media. Le indagini che scrutano il cielo per trovare lampi di luce, come le supernovae ben si adattano a tale scoperta, aggiunge. 

Finora nessuna osservazione ha mai rilevato i lampi predetti da Piro, ma questo non può escludere la loro esistenza.

Entro il prossimo decennio, il Large Telescope Survey (LSST) inizierà una massiccia indagine di tutto il cielo notturno. “Se LSST non vedrà regolarmente questo tipo di eventi, allora forse c’è qualcosa di sbagliato nella teoria, oppure la formazione di buchi neri è molto più rara di quanto pensassimo”, conclude.

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