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Pet therapy: il mio sogno

Scritto da Maria Rosa Pantè il 30.04.2012

Da tempo penso che devo trovare il coraggio. Ho poi solo 51 anni, mi basta fare un piccolo salto e… via verso qualcosa di nuovo nella vita.
Avere sogni è cosa essenziale, anche e soprattutto quando si invecchia e io sto invecchiando. Mi resta da capire se questo sogno deve restare tale o se avrò la forza di realizzarlo: e poi sognare qualcosa di nuovo.

Da ogni parte vedo che segni sono stati seminati per me e questa notizia è un nuovo segno, un nuovo stimolo. Ecco la notizia.

Cani guida per malati di Alzheimer. L’esperimento, organizzato dall’Alzheimer’s Scotland and Dogs for the Disabled in collaborazione con la Glasgow School of Art, partirà a settembre con i primi 4 malati. Grazie all’addestramento e a un particolare sistema basato sui suoni, il cane sarà in grado di ricordare al paziente quando è ora di prendere le medicine, quando è ora di mangiare, di dormire o di fare una passeggiata. Inoltre pare che chi soffre di Alzheimer tenda a dimenticare i volti dei familiari, ma non quello degli animali domestici. Le interazioni tra uomo e cane sono anche molto più semplici rispetto a quelle fra due persone, perché in molti casi non
richiedono neanche l’uso della parola.

Io vorrei essere non un cane, almeno in questa vita giacché non lo sono, e nemmeno ovviamente un malato di Alzheimer se possibile, ma questo ancora non lo so, vorrei essere un umano che, con un cane (o un gatto), riesce ad aiutare un malato di Alzheimer.

Da tempo infatti vorrei occuparmi di pet therapy, studiare, imparare e dedicarmi proprio ai malati di Alzheimer.
Lo farei perché amo gli animali e sempre più mi pare che possano portare a noi umani una conoscenza altra, profonda, una chiave di lettura della realtà diversa che ci può arricchire. Insomma mi pare che conoscere un animale mi aiuti a essere una persona migliore.
E poi lo farei per i malati di Alzheimer, perché mio padre di questa malattia ha sofferto e c’è morto. Mio padre, come ho scritto in una poesia, era (ed è) “in tutto anima della mia anima”, non so dirvi cos’è stato vederlo spegnersi, assistere al declino della sua intelligenza brillante, pronta, curiosa. Non so dirvi cos’è stato
vederlo tornare bambino. E soprattutto assistere a momenti di lucidità in cui si vergognava di se stesso, di com’era diventato. Che abisso di dolore. Solo chi vive questa esperienza può capire che cosa c’è negli occhi di un malato di Alzheimer nei rari momenti in cui si rende conto della sua malattia.

Io ho sempre cercato di farlo ridere, il mio papà, e con lui ho giocato e lui fino all’ultimo ha gioito del nostro stare insieme così senza barriere dell’età, della malattia, in questo accettarci in tutto così come eravamo. E questo essere liberi e
volersi bene senza pretese è il modo di rapportarsi degli animali. Anche degli animali. Che ti guardano e non sanno, non gli importa se tu sei demente o meno. Sei tu, l’odore è il tuo, dietro lo sguardo appannato gli occhi sono ancora i tuoi. Lo dico e lo ridico: la gatta del mio papà gli è stata a fianco fino alla morte, sul tappeto ai piedi del suo letto.

E così questo è il mio sogno, aggiungo questa notizia come un altro segno, non so quanti ne dovrò accomunare prima di riuscire a realizzarlo; chi ha indicazioni me le dia, saprò accettare tutti i consigli.

PS Mentre qualcuno sperimenta come i cani possono aiutare ancora di più gli uomini, a Green Hill (Montichiari, Brescia) i beagle, cani particolarmente docili, vengono allevati per la vivisezione, ricordiamolo. Invece di gratitudine sappiamo dare solo ferocia!

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