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I cani e la morte

Scritto da Maria Rosa Pantè il 29.08.2011

Per cominciare, tre storie in crescendo.

Il cane che ai funerali di stato per i caduti americani in Afghanistan si stende vicino alla bara del padrone e guaisce, lì sconsolato. Il più vicino alla morte, il più vicino alla bara.

Il cane che veglia la padrona, anziana, mentre ha un attacco di cuore. Lui abbaia, vengono i soccorsi. La donna nonostante le cure muore. Il cane sta lì veglia su di lei, sulle operazioni dei medici. Quando la padrona cede però, si lascia andare e muore anche lui.

Infine la cagnolina che salva una donna, nemmeno la sua padrona, ma la sorella. La donna ha uno shock anafilattico a causa di una puntura di insetto. I soccorritori in mezzo alla boscaglia ove sono le due donne non sanno come muoversi. Interviene la cagnolina, capisce che c’è bisogno, trova i soccorritori e li guida fino alla due donne: la sua padrona e l’altra, la malata e la salva.

Ho concluso con una storia a lieto fine. Ma il capitolo dei cani e la morte è lungo, è un capitolo dove spesso i cani salvano i padroni e dove ancor più spesso padroni snaturati causano la morte violenta del loro cane. Magari lo gettano nel cassonetto ancora vivo!

Non so se i cani abbiano il senso della morte, certo hanno il senso dell’assenza e lo hanno acuto, doloroso, talvolta devastante. L’assenza, che è un dolore sordo contro cui solo il tempo può fare qualcosa, è sensazione che tutti proviamo. La mancanza, la privazione della persona amata. In fondo, aldilà della fede, per noi umani come per i cani e altri animali la morte è soprattutto questa assenza che non si colmerà mai più, almeno in questa dimensione terrena.

Inutile chiedersi se i cani o gli animali hanno coscienza della morte, soffrono l’assenza e questo li rende come noi, talvolta ancor più disperati, ancor più inconsolabili.

Ed ecco, per chiudere, un esempio letterario, ma così vivo, così vivido: è la fine di Bella il gran cane del bambino Useppe, protagonista del romanzo “La Storia” di Elsa Morante.

Bella, quando il suo padroncino muore, non lascia avvicinare nessuno al bambino e quindi i soccorritori devono abbatterla. E così, essa mantenne la parola data a Useppe il giorno del suo ritorno a casa: “Non potranno mai più separarci, in questo mondo”.

PS Per i gatti è diverso. Quando mia mamma è morta la sua gatta è venuta con noi, avrà di certo sofferto, miagolava, mi guardava interrogativa. Ma si è adattata bene alla nuova vita, chissà che ricordi, che sensazioni avrà provato. Io preferisco l’indipendenza del gatto che ti ama quando sei vivo, soffre se non ci sei più, ma non è devastato dall’assenza purché qualcun altro lo ami. Io preferisco così, che alla mia morte non sia devastato nessuno.

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  • Stefano Orlandini scrive:

    .Io preferisco l’indipendenza del gatto che ti ama quando sei vivo, soffre se non ci sei più, ma non è devastato dall’assenza purché qualcun altro lo ami. Io preferisco così, che alla mia morte non sia devastato nessuno.
    ..

    sottoscrivo, anche se e’ un po’ da vigliacchi aver paura di un amore cosi grande e totale…

    Cordialissimi saluti !!!!