La discussione sul ruolo dei parchi dopo un lungo periodo caratterizzato da interventi penalizzanti soprattutto, ma non soltanto finanziari registra un avvio di riflessione critica nazionale a metà dicembre del 2013 con l’incontro alla Sapienza di Roma promosso dal ministro Orlando.
Fino a quel momento a tenere banco erano state le vicende del senato dove ormai da alcuni anni si pasticcia sulle modifiche alla legge 394 che incontrano sempre meno consensi tra le stesse associazioni ambientaliste di fatto le uniche a manifestare documentate critiche e crescenti perplessità sulla strada imboccata. E’ una fase in cui brilla per assenza il ministero dell’ambiente ma anche il fronte delle istituzioni regionali e locali e degli stessi parchi appare assai poco presente a attivo salvo un tardivo documento delle regioni che ha coinciso peraltro con il passaggio di mano dal ministro Orlando a Galletti al ministero dell’ambiente. Non ci risulta infatti che se ne sia discusso in qualche sede a partire dal parlamento.
Alla Sapienza si è così arrivati senza praticamente una proposta di base se non per quanto rinvenibile in una serie di documenti importanti delle associazioni ambientaliste e un Quaderno del Gruppo di San Rossore ‘Aree naturali protette-Il futuro che vogliamo’ presentato nel dibattito alla Sapienza e consegnato al ministro Orlando.
Anche per il cambio al ministero dell’ambiente la situazione da allora non ha registrato novità significative se non la conferma importante anche in sede europea che il ministero dell’ambiente impegnato nella istituzione di nuove 4 aree protette marine intende assegnare ai parchi un ruolo rilevante nelle nuove politiche ambientali. La legge del senato appare perciò sotto questo profilo sempre più per quello che è e cioè una fuga dalle responsabilità soprattutto e sorprendentemente delle forze politiche e in particolare di quelle che hanno ruoli di governo a Roma, nelle regioni e negli enti locali. Se qualche segnale positivo si avverte anche a seguito degli ultimi risultati elettorali in realtà come in Sardegna ma anche in Abruzzo mentre in regioni tradizionalmente attive su questo terreno come in Toscana, Marche, nel Trentino –Alto Adige e altrove qualcosa si sta muovendo sul piano nazionale si è ancora alle prese addirittura con l’insediamento dei nuovi direttivi dei parchi nazionali.
A rendere il quadro nazionale più allarmante vi è la situazione del santuario dei cetacei, i problemi della trivellazione e degli impianti eolici, solari che rendono ormai indispensabile un rimessa a punto degli strumenti e delle sedi per gestire le novità della situazione. Un esempio per tutti di cui finora nessuno sembra interessato e cioè cosa ha significato concretamente aver tolto ai piani del parco il paesaggio. Eppure ci sono situazioni come quella del Parco delle Apuane che a qualche riflessione critica dovrebbe indurre visto che delle cave si sta discutendo in base al piano paesistico ma non a quello del parco che riguarda anche aspetti non paesaggistici ma essenziali per un’area protetta. Da qui l’esigenza urgente e irrimandabile specie nel semestre europeo ‘italiano’ e senza rimandare le cose al nuovo titolo V per una intesa tra ministero dell’ambiente che ha come è stato detto problemi di raccordo con diversi altri ministeri con le regioni e gli enti locali perchè si torni il prima possibile a istituire una sede all’insegna di quella ‘leale collaborazione’ cancellata anni fa dalla 394 e che i testi del senato ignorano tranquillamente.
Insomma anche per i parchi bisogna rimettere mano ad un impegno nazionale che in alcuni ambiti fondamentali come la difesa del suolo, le bonifiche, l’agricoltura ect è in corso sia in sede parlamentare che ministeriale.
In un nuovo Quaderno il Gruppo di San Rossore ‘Riforma dei Parchi-Visioni e urgenze’ è tornato sul alcuni di questi passaggi ineludibili dal Santuario dei cetacei alle Alpi, dai parchi regionali al ruolo dei direttori e degli apparati, della gestione nazionale e comunitaria.
Uno studio del Politecnico di Torino a livello europeo ripropone il ruolo del paesaggio come ponte –ora chiuso per lavori- tra ambiente e cultura.
Non mancano perciò validi e aggiornati punti di riferimento per rimettere in moto le cose.