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L’alba del pensiero. Puntata 26, la lezione di Montesquieu

Scritto da Alba Fecchio il 01.04.2011

Alba del pensiero - rubrica settimanale di filosofia e naturaTutto sarebbe perduto se lo stesso uomo o lo stesso corpo di governati, di nobili o del popolo, esercitasse assieme i tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le pubbliche risoluzioni e quello di giudicare i delitti o le cause fra privati.”

Ho voluto iniziare così il nostro “incontro” di oggi per lanciare un messaggio preciso riguardo la mia cara Filosofia. Nessuno di voi deve pensare che questa materia sia asettica e limitata ad un preciso periodo storico. Mi spiego meglio, lungi da me ovviamente pensare che gli eventi storici non modifichino la critica e la visione del reale, ruolo che la filosofia prende su di sé. Essa però ha questa caratteristica che condivide solo con le arti: trascende la temporalità.

Eccovene una prova. La citazione riportata qui sopra è datata 1750.

La ritenete essere così tanto inattuale?

E’ Montesquieu che parla. Oggi cercheremo di ascoltare cosa ha da dirci. Cronologicamente dobbiamo fare un piccolissimo passo indietro rispetto al colosso Kant.

Charles-Louis de Secondat nasce da una famiglia nobiliare francese, studia per diventare avvocato e ben presto entra in politica. E’ molto interessato alla botanica, alla chimica e alle scienze in generale. Le opere che sono maggiormente famose e che ci serviranno per conoscere meglio questo acuto francese sono le Lettere persiane, pubblicate nel 1721 e Lo spirito delle leggi, da cui ho tratto tale citazione, del 1750.

Le lettere persiane sono un romanzo epistolare. Due persiani, Uzbec e Rica si trovano catapultati in una realtà molto diversa da quella a loro abituale: la Francia monarchica di Luigi XIV. SI apre un lungo dibattito sulle differenze che intercorrono fra una monarchia illuminata come quella di Luigi e una monarchia di stampo assolutistico di tipo orientale ove è la paura che mantiene il potere fra i sudditi, non il benessere e il “consenso”. Non mancano in questo testo critiche aspre e ironia sul ruolo del papato e delle sue ingerenze in politica , che questi orientali non capiscono.

Già qui si evidenzia l’interesse di Montesquieu che è di stampo giuridico-narrativo.

L’opera che però più a noi interessa è la seconda, Lo spirito delle leggi. Qui viene evidenziato per la prima volta un concetto che starà alla base di tutta la storia politica: la separazione dei poteri.

Sono tre i generi di poteri che esistono in ogni stato: il potere legislativo, ossia quello di fare e creare leggi, il potere esecutivo, il fare eseguire le leggi stesse, e il potere giudiziario, condannare o assolvere i trasgressori delle leggi.

Bene, questi tre poteri, dice Montesquieu, per mantenere lo Stato in buona condizione devono restare nettamente separati.

Le leggi varieranno quindi da luogo a luogo per il temperamento e le abitudini dei singoli posti, ma quello che non deve mutare è proprio tale divisione dei poteri. In caso contrario si cade in una sorta di tirannide di uno solo o di pochi, che il nostro autore chiama, più modernamente, dispotismo.

Ma andiamo con ordine. Tre sono le tipologie di governo possibili: la repubblica, la monarchia e il dispotismo.

La prima è caratterizzata dall’uguaglianza fra le persone. Qui il popolo è colui che detiene il potere: è monarca e suddito nello stesso tempo. I poteri sono divisi perché spartiti liberamente fra le persone, elette direttamente da altre.

La monarchia ha come caratteristica peculiare invece l’ambizione personale di un singolo, ma Montesquieu non vede di mal occhio questa forma di governo, soprattutto nella sua variante parlamentare di modello inglese. Qui il sovrano è obbligato ad essere illuminato e non abusare del proprio potere, in quanto vi è un parlamento alle spalle che decide e controlla il suo operato.

La terza forma di governo possibile invece, il dispotismo, è caratterizzato dalla paura che Uno solo infonde nel cuore degli altri che, assoggettati, vengono considerati sudditi totali

Una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica”. Quello che importa sottolineare a Montesquieu è che una riunione dei tre poteri porterà sempre ad una degenerazione politica e annullerebbe tutte le libertà in un solo attimo. Bilanciare i poteri è l’unica via per garantire la costituzionalità e la libertà in quanto un potere assoluto può solo corrompere drasticamente chi lo detiene. E’ l’elezione che sta alla base della libertà: quando i cittadini sono chiamati a votare allora, lì vi sarà libertà d’espressione. L’elezione deve essere libera e non condizionata esternamente. Auspica il suffragio universale.

L’arte che Montesquieu ritiene essere suprema è quella di costituire una società libera e che mira al benessere di ogni singolo cittadino.

Sicuri che la lezione di Montesquieu sia stata realmente assimilata?

Il film che mi consiglio questa settimana è il Divo di Paolo Sorrentino.

 

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