Portò con sé una fialetta di cianuro quando fu chiamato a testimoniare davanti alla commissione di epurazione, dopo il crollo del regime nazista. Quella fialetta, che aveva accompagnato notte e giorno la sua vita e quella di sua moglie per anni, diventò l’emblema di una vita terribile e immersa nella paura. Era necessario- disse Karl- far comprendere all’opinione pubblica, tedesca e internazionale, come lui e molti compatrioti avevano vissuto fino a quel momento.
Il filosofo di cui sto parlando è Karl Jaspers.
Personalità eclettica e geniale, fu prima professore di psicologia e poi, dal 1919, di filosofia.
I suoi interessi erano incentrati principalmente sulla persona, nella sua interezza. Ciò significa che la riflessione di tipo ontologico non sarà centrale nella sua filosofia. Quello che importa comprendere è l’esistenza umana, nella sua complessità.
L’uomo, si comprende a primo acchito, non trova nel mondo ciò che immediatamente cerca. Non trova le risposte alle sue domande ed è quindi istintivamente che si pone a cercare una realtà esterna dalle dinamiche mondane, che per comodità chiameremo trascendenza, di cui però non abbiamo alcuna certezza.
L’esistenza tracciata da Jaspers è quindi caratterizzata da questa prima conflittualità interna:l’uomo comprende subito i limiti costitutivi del mondo in cui opera, dal quale è circondato e, per qualche verso, soffocato. Ecco quindi sancita una doppia impossibilità: l’uomo non riconosce se stesso appartenente del tutto a questo mondo, ma nel contempo, non ne può uscire.
Attenzione, cerchiamo di non leggere Jaspers in chiave religiosa. Il pensiero di questo filosofo si impone su un altro binario, più vicino ad una riflessione personale sulla propria esistenza.
L’uomo, una volta appresa questa contraddizione interna alla sua vita, deve porsi un obbiettivo: l’auto-trascendenza.
Auto-trascendersi significa tentare di staccare se stessi da una condizione oggettiva, da, cioè, una realtà situazionale, realizzando una scelta, in piena libertà e autonomia.
Ecco che essere, esistere, significa scegliere. Solo attraverso la scelta l’uomo compie un atto creativo che gli permette di nascere come individuo, come soggetto.
Qual’è dunque il rapporto tra l’uomo e quella possibile trascendenza che circonda tutti noi?
In una condizione di normalità, abbiamo già detto, l’uomo non può giungere a cogliere nulla di quello che la trascendenza è. Essa è sperimentata soltanto attraverso quelle che Jaspers chiama le cifre.
Le cifre non sono altro che dei segnali, dei segni che giungono all’uomo e che lui è chiamato a rielaborare dentro di sé. La veicolazione di tali Cifre avviene per lo più mediante e tramite delle situazioni particolari, che mettono in difficoltà l’individuo: le situazioni limite.
Esse sono “situazioni come quella di essere sempre in una situazione, di non poter vivere senza lotta e dolore, di dover assumere una irrimediabile colposità, che debbo morire, costituiscono quelle che io chiamo situazioni-limite. Non sono trasparenti, non ci è dato di scorgere nulla al di là di loro. Sono come un muro contro il quale urtiamo e naufraghiamo. Non possiamo modificarle, ma solo portarle a chiarezza.”
Sono quindi situazioni immodificabili e che non dipendono dalla nostra volontà come la malattia, l’incontro con la morte, il senso di colpa.
Quello di Jaspers può essere definito un esistenzialismo negativo: le situazioni limite rappresentano una chiusura, un “NO” secco che l’uomo riceve, ma solo tramite questi no è possibile scorgere una luce di trascendenza.
Qui si inserisce il lavoro di auto-trascenderersi: solo attraverso la scelta possibile c’è libertà. E questa libertà, l’unica effettiva concessa per natura all’uomo, cui non dobbiamo e non possiamo rinunciarci. Laddove abbiamo la facoltà di farlo, dobbiamo scegliere, solo così saremo individui pensanti con la I maiuscola.
Le parole chiave da ricordarci sempre sono quindi: Esserci, Esistenza, Trascendenza e Scelta.
E’ la scelta di scegliere che ci rende davvero liberi. In tutti i sensi.
Il film che vi consiglio questa settimana La famiglia omicidi, di Niall Johnson.