Buon venerdì!
Oggi dobbiamo affacciarci su un nuovo periodo storico: l’ellenismo. Dopo la morte di Alessandro magno, nel 323 A.C. il grande impero da lui creato si frammentò inesorabilmente in vari regni. Sotto la protezione dei monarca ellenistici fiorirono le scienze particolari e, al contrario, la filosofia visse un periodo di forte declino.
Si spostò anche il centro d’irradiazione della cultura: da Atene ad Alessandria d’Egitto.
Perché allora, vi chiederete, dedicare un intero articolo ad un periodo così buio?
Giustifico la mia scelta dicendo che tale periodo, da molti chiamato anche “medioevo ellenistico”, in realtà vede il nascere e lo svilupparsi di 3 scuole postaristoteliche fondamentali per cogliere lo sviluppo successivo della filosofia e che influenzeranno moltissimo i grandi filosofi romani.
Queste 3 scuole sono lo scetticismo, l’epicureismo e lo stoicismo.
Premessa da fare è che l’interesse di queste sarà incentrato per lo più sul comportamento dell’uomo nel mondo, e su come raggiungere la felicità su questa terra.
Il problema ontologico, come vedremo tra poco, seppur accantonato rispetto ai maestri, emerge proprio in rapporto alla moralità. Per essere più chiari, la domanda sottesa è: l’uomo deve agire secondo natura? E secondo quale concetto di natura?
La scuola scettica viene fondata da Pirrone di Elide. Fulcro del suo insegnamento è che ogni sapere è oscuro ed incerto. Sia le sensazioni che il ragionamento, su cui si basa la conoscenza umana, sono vie incapaci di raggiungere la verità assoluta. Dobbiamo ricorrere sempre all’esperienza che però appare allo stesso modo mutevole e incerta. Non è possibile dire cosa sia bene o cosa sia male in quanto questi valori, secondo gli scettici, dipendono dall’abitudine, dal costume, dalle tradizioni sociali.( Evidente come molte scienze moderne come l’antropologia, vedano negli scettici dei grandi predecessori). Non si può parlare perciò di bene e male per natura: tutto è legato alle consuetudini sociali, non esistono leggi naturali.
Pirrone combatte il dogmatismo, inteso come pretesa di definire le cose in se stesse. La soluzione proposta è sospendere il giudizio, applicare la cosiddetta epoché. Per essere più chiara faccio un esempio: non sappiamo perché lo zucchero è sempre dolce, sappiamo solo che lo è perché appare a noi così. Se poi ci sembrerà un giorno amaro, dovremmo prendere il dato di fatto e agire di conseguenza. Pirrone in breve, rifiuta la scienza e rivaluta l’esperienza comune.
In campo morale ne consegue che l’unico atteggiamento valido sarà l’indifferenza, l’imperturbabilità dell’animo: osservare i fenomeni senza passioni e senza preferenze.
Seconda scuola è l’epicureismo. Il fondatore è l’omonimo Epicuro. Per i nostri interessi è bene sottolineare come la fisica di Epicuro ricalchi la dottrina atomistica di Democrito: ogni cosa è composta da atomi, compresa l’anima. Essi si combinano del tutto a caso, non c’è predestinazione, né una causa, né un fine. Attraverso il Clinamen ossia la capacità degli atomi di deviare a seconda del peso, danno luogo sempre a nuove combinazioni. Gli dei, inoltre, vivono negli intermundia, ossia in non-luoghi dove le loro azioni sono nullificate: essi non possono interferire con la vita degli uomini. L’etica è sicuramente la parte più importante della dottrina di Epicuro. Si parla di tertafarmaco, in quanto il male per gli uomini nasce da tre paure infondate: il timore degli dei (insensato in quanto, per Epicuro, non interferiscono nella azioni terrene), il timore della morte ( anch’esso insensato: se c’è la morte non ci siamo noi e se ci siamo noi non c’è la morte), e il timore che deriva dal male fisico e morale. A ciò si aggiunge il male che deriva dai nostri desideri insoddisfatti.
Questo punto, per noi, è molto interessante. Epicuro suddivide i desideri in naturali – non naturali e necessari – non necessari. Quelli che dobbiamo assolutamente evitare sono i non necessari, soprattutto se non naturali come i desideri di fama, di ricchezza o prestigio sociale: essi sono fonte di affanno e illusioni. Gli unici desideri consentiti per raggiungere la saggezza sono quelli stabili: lo studio, amicizia disinteressata e l’ozio della pacata conversazione. Evitare cioè ogni cosa che potrebbe nuocere all’imperturbabilità dell’animo.
Ultima scuola che va citata è lo stoicismo. Fondatore Zenone di Cizico. L’ontologia qui si ispira ad Eraclito, arricchita di altri elementi: l’universo è concepito come divino, retto da una provvidenza superiore e organizzato per necessità. Anima dell’universo è il pneuma, ossia il fuoco, inteso come ragione seminale che guida ogni processo naturale. Culmine della saggezza stoica è vivere secondo natura. Ciò significa che l’uomo deve sollevare la propria conoscenza alla comprensione della ragione cosmica che governa tutte le cose. In pratica, lo stoico deve accettare il proprio destino, qualunque esso sia, con gioia e letizia.
Lo stoico deve: seguire la ragione che gli dice che tutto è bene nell’universo, in quanto tutto obbedisce alla provvidenza divina, e deve seguire il dovere cioè compiere azioni virtuose e doverose.
Gli stoici furono inoltre i primi a parlare di diritto naturale: proposero cioè una legge che derivando direttamente dalla divina provvidenza, dovrebbe governare tutti i popoli e tutti gli stati. L’uomo è cittadino del mondo in tal senso: tutte le differenze geografiche e di costume sono false ed erronee. Condannarono anche la schiavitù: tutti gli uomini, per natura, sono liberi ed uguali.
Non voglio trarre lunghe conclusioni dall’esposizione di queste tre scuole, in quanto ritengo che parlino da sole. Dobbiamo moltissimo ad esse. La filosofia romana e poi quella cristiana avranno un debito grandissimo verso di esse.
Il concetto di natura, come appare evidente, viene legato indissolubilmente all’etica. L’uomo deve tenere una certa condotta nella propria vita per natura. L’etica discende direttamente dalla nostra visione del mondo, d’insieme delle cose, e dunque anche dal nostro concetto di Natura.
Come ha fatto l’uomo a scordarsene?
Il film che vi propongo questa settimana è Agorà di Aleandro Amenàbar, incentrato sulla figura di Ipazia, filosofa vissuta nel periodo storico che abbiamo affrontato oggi. Segnalo l’ottima ricostruzione storica.
Alla prossima settimana!