“Dopo che l’esperienza mi insegnò che tutto quel che si incontra comunemente nella vita è vano e futile, vedendo che tutto ciò da cui temevo e che temevo non aveva in sé nulla né di bene né di male se non in quanto il mio animose ne commuovesse, stabilii finalmente di ricercare se ci fosse qualcosa, trovata e ottenuta la quale, io potessi godere in eterno continua e somma letizia.” B. Spinoza
Oggi, giorno ancora di ponte “festivo” post natalizio, non mi pare proprio il caso di parlare di politica. Posizioni contrarie e a favore di Hobbes le affronteremo con tutta calma la settimana prossima.
Quello che dobbiamo fare invece, è soffermarci su alcune critiche che vengono mosse a Cartesio da pensatori a lui successivi. Due sono i punti su cui il pensiero cartesiano viene attaccato: il metodo e il dualismo.
Per quanto riguarda il metodo, il filosofo che più di ogni altro inizia a evidenziare delle falle nel pensiero del buon vecchio Reneè, è Blaise Pascal. Egli accoglie il metodo cartesiano, intendiamoci, facendolo proprio e chiamandolo esprit de geometrie– spirito di geometria- ma critica la riduzione di ogni conoscenza ed esperienza umana alla ragione geometrica.
Accanto ad essa s’ha da ammettere un altro tipo di ragione, intuitiva ed immediata che precede ogni dimostrazione formalmente rigorosa. E’ quella che Pascal chiama Esprit de finesse- spirito di finezza-. La ragione geometrica infatti si arresta di fronte a concetti primi come il tempo o lo spazio. Lo spirito di finezza è inoltre necessario all’uomo per affrontare i problemi dell’esistenza e del suo significato complessivo: non si sa nulla del futuro, occorre scommettere, rischiare. Qui la ragione geometrica non può niente, non può darci una mano.
La seconda critica, quella per noi molto più interessante, muove le mosse dal problema ontologico.
Quello che viene messo in questione è il dualismo cartesiano che ricordo, essere bastato sulla netta divisione fra res cogitans e res extensa.
Il primo filosofoche affronta tutto questo è Baruch Spinoza. Il suo pensiero si basa proprio sul rifiuto del dualismo cartesiano delle due sostanze ( pensiero ed estensione). Il punto è uno solo: cosa si intende davvero per sostanza? Spinoza ne da una definizione.
Con sostanza si designa ciò che è reale e “ciò che è in sé e non ha bisogno del concetto di un’altra cosa per esser formato ” .Ciò sta a significare che la sostanza ha in sé il proprio fondamento ( è autosussistente) e ha in sé la propria essenza. Nelle abbreviazioni del “filosofese” si direbbe che è Causa sui.
Ora, Spinoza si domanda se queste caratteristiche si addicano alle sostanze delineate da Cartesio. La risposta, appare ovvio, è no. Ne consegue logicamente che né il pensiero, né l’estensione siano allora davvero delle sostanze. Esse sono solo quindi attributi, modi, della sostanza, la quale non può essere che unica: va a coincidere inevitabilmente con Dio.
Tutta questa analisi viene condotta da Spinoza nell’Ethica con un rigoroso metodo dimostrativo ( assiomi, definizioni…). Negando il dualismo, Spinoza supera anche la questione dell’occasinalismo, cioè la domanda riguardo al modo in cui lo spirito possa agire sulla materia e viceversa. Pensiero ed estensione sono attributi di Dio, aspetti di un’unica sostanza, sono perciò accordati in partenza con Dio stesso. Questo modo di eliminare la differenza fra il pensiero e l’estensione ( vale a dire più semplicemente fra l’invisibile e il visibile) viene chiamato Monismo.
Il concetto spinoziano di Dio inoltre differisce molto rispetto a quello tradizionale cristiano ed ebraico.
Dio, in Spinoza, non è persona ma è l’impersonale ordine geometrico che regge l’intero universo. Non a caso la frase più famosa del nostro filosofo è Deus sive natura: Dio e la natura vanno a coincidere, si identificano.
L’idea di un Dio creatore che persegue certi fini, esattamente come gli uomini, è un indebito travestimento antropomorfico del divino, e se vogliamo anche uno svilimento di esso. Necessità e libertà in Dio coincidono, per tale ragione Dio non ha fini da raggiungere. Ogni cosa è come deve essere, in quanto appartiene all’armonia della sostanza. Premi, colpe, castighi per l’aldilà sono solo fantasticherie e pregiudizi umani.
E’ evidente l’apporto innovativo e forte della filosofia di Spinoza, contrario ad ogni tipo di dottrina religiosa, abbassandole a superstizioni. Fu il primo pensatore a leggere criticamente la Bibbia e a metterne in luce, dal punto di vista razionale e scientifico, le assurdità.
Volarono accuse di ateismo contro Spinoza che, nel 1656, viene scomunicato. In lui si risente forte l’eco della dottrina di Bruno, ancora più critica e radicalizzata.
Parlare di ateismo per Spinoza ho sempre reputato essere alquanto insensato. Il Dio che lui presenta è molto vicino a quello di Aristotele – evitando le interpolazioni del cristianesimo – a cui si aggiunge la sensibilità per la natura in quanto, se Dio è natura, allora la natura è in Dio.
Ricominciare a leggere Spinoza oggi, significa dare un altro valore a tutto ciò che ci circonda, dal sasso del fiume all’albero del parco in centro città. In fondo del “sacro” c’è, esiste ed è “intrappolato” in tutto.
Il film che consiglio questa settimana è The reader, di Stephen Dealdry. Pellicola molto criticata, ma credo molto molto bella.
Alla settimana prossima!