La prima serie di dati raccolta dalla Missione Swarm dell’ESA, l’Ente spaziale europeo, rivela i più recenti cambiamenti che stanno interessando il campo magnetico che avvolge la Terra.
Lanciata nel novembre scorso, la Missione Swarm, con i suoi satelliti, fornisce accurate informazioni sul complesso funzionamento del campo magnetico terrestre, il ‘guscio’ che ci protegge dalla radiazione cosmica e dalle particelle elettricamente cariche che bombardano quotidianamente il nostro pianeta.
Il campo magnetico, anche se invisibile, ha di fatto un’importanza fondamentale, non solo per la nostra sopravvivenza sul pianeta ma perché entra a far parte della nostra vita quotidiana.
Cambiamenti del campo magnetico terrestre. Le aree in rosso rappresentano rafforzamento del campo; le aree blu, indebolimento. Il periodo considerato è il primo semestre del 2014. (crediti: ESA / Spazio DTU)
Ma in cosa consiste questo campo? Può essere immaginato come una enorme bolla che ci protegge dai raggi cosmici e dalle particelle in arrivo dallo spazio, soprattutto da quelle provenienti dal Sole attraverso il cosiddetto ‘vento solare’.
Senza questa schermatura non sarebbe possibile l’esistenza dell’atmosfera e non sarebbe neppure immaginabile la vita stessa.
Naturalmente, questa copertura invisibile, che interagisce con le particelle elettricamente cariche, influisce sulle trasmissioni radio, su tutte le comunicazioni che si avvalgono di correnti elettriche e si ripercuote quindi sulla navigazione aerea, terrestre e marittima, nonché, ovviamente, sui collegamenti con qualunque veicolo spaziale. Da qui, l’enorme importanza, addirittura la necessità che questa protezione sia continua.
Sappiamo che il magnetismo, nella storia della Terra, ha frequenti oscillazioni e ha addirittura invertito spesso il suo flusso, anche se non regolarmente, ogni qualche centinaia di migliaia di anni. Si parla allora di ‘polarità invertita’. Questo significa che una bussola che oggi punta a Nord, con un campo magnetico invertito punterebbe al Sud attuale.
Come si è detto, questo è accaduto molte volte nel nostro passato, ma al di là della impronta di ‘magnetizzazione inversa’ sulle rocce, non ha lasciato altre tracce.
Le misurazioni effettuate nel corso degli ultimi sei mesi confermano la tendenza generale odierna verso un indebolimento del campo magnetico, con il calo più pronunciato nell’emisfero occidentale, mentre in altre aree della Terra, come ad esempio nell’Oceano Indiano meridionale, dal mese di gennaio viene segnalato invece un rafforzamento. Le recentissime misurazioni poi confermano uno spostamento del polo Nord magnetico verso la Siberia.
Questi cambiamenti sono basati sui segnali magnetici provenienti dal nucleo della Terra. Nel corso dei prossimi mesi, gli scienziati analizzeranno ulteriori dati per capire anche i contributi magnetici provenienti da altre fonti, quali il mantello, la crosta, gli oceani, la ionosfera e la magnetosfera.
I nuovi dati forniranno una visione più completa di molti processi naturali, da quelli che si verificano in profondità, all’interno del nostro pianeta, fino ai processi atmosferici che risentono dell’attività solare. A sua volta, queste informazioni saranno utili per capire meglio il perché il campo magnetico si stia indebolendo.
A questo punto ci si chiederà cosa succederà alla biosfera e, soprattutto, all’Umanità intera. Dire quali possano essere le conseguenze di un’inversione magnetica non è facile. In teoria, potrebbe risentirne tutto ciò che segue le linee di forza del campo magnetico attuale. Uno per tutti, il volo degli uccelli che del campo magnetico fanno uso quotidiano nelle loro migrazioni.
Per la civiltà potrebbe essere un cambiamento radicale dei sistemi operativi che, per l’appunto, si basano sui campi elettrici e magnetici. E per gli esseri umani?
Gli scienziati dicono che non dovremmo correre alcun pericolo. Ma, come detto prima, non essendoci altre prove che quelle lasciate nel magnetismo delle rocce, tutto quello che sappiamo rimane a livello teorico. Di certo si sa che un’inversione magnetica non ha tempi ‘rapidi’, per come li intendiamo noi.
“Questi primi risultati dimostrano la validità di Swarm”, ha dichiarato, intanto, Rune Floberghagen, direttore della Missione Swarm dell’ESA. “La risoluzione senza precedenti dei dati pervenuti mostrano valori particolareggiati per ciascuna area del pianeta per capire meglio cosa stia avvenendo a livello globale”.