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Una recente ricerca connette l’entanglement ai wormholes

Scritto da Annalisa Arci il 05.12.2013

WASHINGTON – Un gruppo di ricercatori dell’Università di Washington, e della Stony Brook  di New York, ha mostrato che il fenomeno dell’entanglement è strettamente correlato con la formazione di wormholes, termine coniato dall’astrofisico americano John Wheeler (che ha anche battezzato i buchi neri).

Un wormhole – o ponte di Einstein-Rosen  è una scorciatoia, un cunicolo nella struttura dello spazio che permette di collegare due punti molto distanti, prima che la luce abbia avuto la possibilità di arrivarci (un modo per andare indietro nel tempo attraverso una scorciatoia nello spazio). La connessione è oggetto di un articolo di Kristan Jensen e Andreas Karch pubblicato su Physical Review Letters.

'Spooky action' builds a wormhole between 'entangled' quantum particles

Illustrazione semplificata di un wormhole che connette due buchi neri. (Crediti: Alan Stonebraker/American Physical Society).

Albert Einstein descriveva l’entanglement come “un’azione spettrale a distanza”; non rassegnandosi ad abbandonare la concezione classica di causalità, il padre della relatività fu per tutta la vita preoccupato dell’indeterminismo che vige nel microcosmo. Con entanglement o correlazione quantistica si intende un fenomeno, privo di qualunque analogo classico, grazie al quale non è possibile definire una singola particella come tale e come dotata di uno stato preciso; l’unica cosa che si può fare è descriverla nel sistema in cui si trova. Questo significa che, a prescindere dalle distanze, il comportamento di una coppia o gruppo di particelle influenza il comportamento delle altre. Ad esempio, se abbiamo due particelle correlate e osserviamo lo spin della prima, l’altra avrà un valore di spin opposto. 

Questi comportamenti controintuitivi dal punto di vista della fisica classica sono stati studiati in un’ottica ampia in questo articolo; Kristan Jensen e Andreas Karch hanno infatti dimostrato che tutte queste caratteristiche sono paragonabili a quelle di un wormhole che connette due buchi neri in regioni remote dell’Universo. Sappiamo dalle ipotesi cosmologiche oggi in voga che in tutto l’Universo esistono buchi neri, e che sono particolarmente massicci al centro delle galassie. 

L’ipotesi, per ora del tutto teorica, dei due studiosi è la seguente: se prendiamo due buchi neri “correlati” attraverso un wormhole e se poniamo due osservatori alle rispettive estremità del cunicolo allora possiamo ipotizzare che possa esservi una comunicazione o, meglio, una trasmissione dell’informazione tra queste due zone dello spazio. La stessa cosa avviene per due o più particelle entangled.

Ma questo non è certamente un aspetto originale della ricerca, visto che si pone all’interno del dibattito sul noto paradosso dell’informazione che ha visto vari studiosi dialogare con S. W. Hawking e il cui ultimo atto sembra essere, per ora, prprio questo articolo di Hawking. Il punto interessante ed originale è, a mio giudizio, il tentativo dei due autori di risolvere i dilemmi della causalità e del determinismo usando la geometria spazio-temporale dei wormholes. L’articolo mostra, infatti, che è possibile tracciare una forte linea di continuità tra meccanica quantistica e relatività generale, e che questo servirà non tanto per giungere ad una unificazione (forse qui prematura) quanto piuttosto per capire meglio il fenomeno dell’entanglement. 

 

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  • EvkNetwork scrive:

    Ma i wormholes non richiedono una spaventosa quantità di energia?
    Se ho capito bene le implicazioni, fra le particelle entalged “è come se ci fosse un mini-wormholes” il che significa che a quel livello avverrebbero dei fenomeni ad alta energia di cui non conosciamo nulla. Affascinante. Ma forse ho capito male :)