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Marò italiani in India, confusione sulla perizia balistica

Scritto da Chiara Pane il 16.04.2012

Marò in India

La vicenda dei due militari italiani detenuti in India si fa sempre più intricata. Nuove smentite delle informazioni trapelate dal rapporto sulla perizia balistica. Il risultato è un guazzabuglio di notizie.

Proviamo a fare chiarezza. Anche se di limpido in questa situazione pare non esserci nulla.

Qualche giorno fa le prime notizie sul controllo delle armi sequestrare dalla nave Enrika Lexie, su cui erano imbarcati i nostri marò, riferivano che i fucili incriminati sarebbero stati due Beretta Arx-160. Successivamente i media indiani hanno fatto riferimento a due fucili scomparsi come possibili armi compatibili con i proiettili estratti dai corpi dei due pescatori indiani uccisi. Ma a distanza di poco tempo arriva un’ulteriore smentita. Negli ultimissimi giorni esce fuori il documento ufficiale elaborato dal Forensic Sciences Laboratory, il laboratorio che ha effettuato l’esame balistico sulle armi sequestrate a bordo della nave. Da questo sarebbero trapelate le ultime notizie, secondo cui i proiettili incriminati sarebbero stati sparati da due fucili Beretta 70/90 calibro 556 sequestrati a bordo della Enrica Lexie.

Il Tg1 ha prodotto un servizio sul presunto documento, andato in onda sabato 14 aprile. Copia dell’atto in questione, sarebbe stato consegnato al corrispondente dell’emissione televisiva italiana dopo essere stato inviato al magistrato di Kollam, che si sta occupando del caso. Il servizio del Tg1 introduce brevemente il contenuto del documento, costituito da 36 pagine, traducendo i punti 6 e 7. Dal servizio emerge: “Ai punti 6 e 7 i proiettili nel reperto 1.4 e 2.3 sono stati sparati dall’arma da fuoco contenuta nei reperti rispettivamente numero 14 e 11, cioè dai due fucili Beretta 70/90 sequestrati a bordo della petroliera italiana. I reperti 1.4 e 2.3 contengono i proiettili con accanto rispettivamente i nomi dei due pescatori uccisi”.

È come se si stesse cercando di depistare l’indagine immettendo notizie che non sono mai confermate. Da sottolineare che il sequestro delle armi dalla nave italiana è stato effettuato a fine febbraio, quindi sono già trascorsi quasi due mesi. Ma ancora nulla di certo. Forse i “grandi” ne sanno di più, ma si muovono con discrezione. Al controllo balistico sarebbero, infatti, stati presenti due carabinieri italiani del ROS, il Raggruppamento Operativo Speciale, come osservatori.

Il sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura, che si sta occupando del caso sin dall’inizio, ci tiene a ricordare che per un giudizio approfondito “c’è bisogno dell’analisi del rapporto ufficiale, e non di indiscrezioni di stampa”.

Intanto, il nostro ministro degli esteri, Giulio Terzi, impegnato a Washington per l’incontro del G8, è riuscito a far riaffermare, nel documento finale della riunione, il principio che attribuisce alla bandiera delle navi il diritto di giurisdizione in caso di incidenti in acque internazionali, soprattutto quando si tratta di pirateria. La linea guida su cui si muove la difesa di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, è infatti quella della rivendicazione della giurisdizione italiana.

La strategia utilizzata dal governo italiano, come aveva già spiegato lo stesso De Mistura, riguarda la pretesa della competenza italiana, sia perché la nave si trovava in acque internazionali, sia perché a dover essere giudicati “sono due militari italiani che facevano il loro dovere”. Il sottosegretario italiano, durante un’intervista ha, inoltre, dichiarato con vigore: “Un militare va sempre giudicato a casa propria! Altrimenti il precedente sarebbe terribile”.

Dello stesso avviso è il ministro Terzi, che intervistato dalla Cnn ha ribadito che la vicenda rischia di diventare un pericoloso precedente a livello internazionale. “Senza la garanzia che ai propri militari si applichi solo la giurisdizione nazionale – ha affermato Terzi – nessun paese si impegnerà in operazioni all’estero di questo tipo”.

Purtroppo però, mentre il governo italiano è impegnato a cercare di far riconoscere il principio della giurisdizione della magistratura italiana, i due marò restano bloccati in India, aspettando la prossima udienza che li vedrà nuovamente di fronte all’Alta Corte del Kerala. La seduta non è ancora stata fissata, ma è prevista dopo il 20 maggio.

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