Al suo posto nei prossimi anni la NASA cercherà di utilizzare vettori sviluppati da gruppi privati, finanziati ovviamente dal governo federale ma su singola commissione o su singolo progetto.
Diverse sono già le opzioni sul tavolo, come la società Orbital che già collabora con la NASA o la SpaceX, la nuova start up californiana che promette riduzioni dei costi incredibilmente appetibili per gli striminziti budget federali.
I pochi soldi a disposizione non hanno però abbassato l’ambizioso programma dei prossimi decennni: la conquista di un asteroide da parte di un equipaggio umano per arrivare finalmente a mettere i piedi su Marte. Lo ha detto lo stesso Presidente degli Stati Uniti.
Intanto, ora si pensa alla destinazione dell’Atlantis, che finirà dritto dritto in un museo. Per l’esatttezza lo Smithsonian Air and Space Museum.
Ma perché il programma shuttle è stato messo a terra? Lo sviluppo delle famose navette, avvenuto a partire dai primi anni settanta, doveva ridurre i costi di accesso allo spazio, ma è successo esattamente il contrario.
Dopo il disastro del Challenger e poi del Columbia, le spese per la manutenzione di questi ‘gingilli’ è schizzato alle stelle. Ogni missione doveva ormai essere pianificata e approvata volta per volta dal Congresso, costretto a mettere da parte oltre un miliardo di dollari per volo (500 milioni di dollari per ogni lancio) più le spese per la gestione a terra, molto complessa e onerosa. E in tempi di vacche magre, i politici sono sempre più sensibili alle critiche crescenti dei ‘taxpayers’, i sacri contribuenti.
Le missioni più importanti in questi 30 anni di onorato servizio hanno permesso il lancio di satelliti (tra cui il famoso telescopio spaziale Hubble) e numerose sonde interplanetarie, oltre che di pezzi importanti e soprattutto pesanti della Stazione Spaziale Internazionale.
Il vantaggio degli shuttle, infatti, era la loro enorme stiva e capacità di carico, molto maggiore di moltri altri vettori oggi in servizio.
Ora resta una sola tecnologia capace di portare esseri umani nello spazio (e in particolare sulla ISS), quella russa della Soyuz. Almeno finché la NASA non deciderà per la capsula di prossima generazione. Rigorosamente costruita da privati.