L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha dato ragione a Legambiente, vietando che gli shopper di plastica con l’aggiunta dell’additivo chimico ECM vengano pubblicizzati e venduti come biodegradabili e compostabili al 100% perché non rispettano le condizioni e i tempi previsti dalla normativa comunitaria e nazionale di settore.
Il 4 febbraio 2010, infatti, Legambiente aveva segnalato all’Autorità l’esitenza di sacchetti in plastica che, grazie all’aggiunta dell’ECM Masterbatch Pellet, un sistema brevettato per rendere la plastica – a detta dei produttori – biodegradabile, venivano presentati dall’azienda Italcom come biodegradabili e compostabili al 100%, inducendo in errore i Comuni italiani, gli esercizi commerciali e le catene della Grande distribuzione che si stavano adeguando all’entrata in vigore, il 1 gennaio 2011, del bando ai sacchetti di plastica.
L’Autorità ha definito ingannevole la pubblicità di Italcom, Arcopolimeri e Ideal Plastik, vietandone l’ulteriore diffusione e sanzionando con multe di 40mila euro per la prima azienda e 20mila per le altre due. “Siamo molto soddisfatti dell’esito di questo pronunciamento – commenta Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -. Continueremo a vigilare per evitare che il bando dei sacchetti di plastica tradizionale possa permettere ai furbi di fare affari ai danni dell’ambiente, ingannando amministrazioni e aziende che vogliono adeguarsi alla normativa vigente”.
Dal canto suo, l’azienda Italcom ha pubblicato sul proprio sito l’intera sentenza del garante, sottolineando che i sacchetti da lei prodotti sono biodegradabili “in termini percentuali e variabili, come confermato anche dall’Istituto Superiore di Sanità, mentre ancora non ne risulta dimostrata la completa compostabilità”. E minaccia sanzioni a chi diffonderà notizie false e denigratorie nei suoi confronti.
Aggiornato: 21 gennaio, 17.56
Ma gli shopper fanno davvero male?
La notizia l’ha lanciata nella sua edizione domenicale – una delle più seguite nel Regno Unito – il The Indipendent. Un giornalista della prestigiosa testata ha potuto visionare uno studio commissionato dal Governo inglese nel 2005, completato nel 2007 e non ancora reso pubblico, sull’impatto ambientale dei sacchetti per la spesa distribuiti nei supermercati. Secondo la ricerca condotta dall’agenzia per la protezione dell’ambiente, i sacchetti in polietilene
sarebbero 200 volte meno impattanti sul clima rispetto a quelli in cotone e avrebbero emissioni di CO2 equivalenti pari a un terzo di quelli in carta distribuiti nei punti vendita.
Lo studio di LCA sarebbe stato condotto su sette diversi tipi di sacchetti: quelli in HDPE avrebbero evidenziato emissioni di CO2 pari a 1,57 kg per unità, che scendono a 1,14 kg se lo shopper è riutilizzato almeno una volta; valore analogo (1,4 Kg) alle emissioni di un sacchetto di carta utilizzato però quattro volte. Nei risultati dello studio, citati da The Indipendent, “il sacchetto in HDPE presenta il più basso impatto ambientale nell’uso singolo in nove delle dieci
categorie impiegate per valutare l’impatto ambientale”.
Per avere un impatto pari allo shopper in plastica, scrive il quotidiano britannico, una sporta in cotone – e sempre la stessa – dovrebbe essere usata tutti i giorni per un anno, oppure bisognerebbe riutilizzare lo stesso sacchetto di carta almeno tre volte prima di gettarlo nel cestino. Ma, secondo lo stesso studio, il sacchetto di carta è praticamente monouso e quello in cotone viene riutilizzato in media una cinquantina di volte.
Non conosciamo la metodologia della ricerca e non abbiamo potuto visionare direttamente i risultati (ad esempio si parla di sacchetti in HDPE e non in LDPE), quindi bisogna essere cauti sull’interpretazione dei dati. Resta però il fatto che in Italia, prima di mettere al bando i sacchetti, non sono stati condotti studi di alcun genere sull’impatto ambientale delle diverse soluzioni.
Almeno il Governo inglese ci ha provato, salvo attendere un po’ troppo per divulgare i risultati, attualmente in fase di revisione tecnico-scientifica.
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