Un sondaggio di nel mese di novembre 2012 di Ipso per conto di Assobioplastiche ha rivelato che la maggiornaza degli italiani adora i nuovi sacchetti biodegradabili, che si sono rivelati quindi un vero e proprio successo. Oltre il 90% ritiene la legge sulle buste per la spesa un doveroso passo avanti per la tutela dell’ambiente e il 76% concorda sull’anticipazione delle sanzioni per chi non rispetta la norma. Il 60% crede che la chimica verde possa essere un settore su cui puntare per la crescita e lo sviluppo occupazionale.
L’Italia da tempo ha iniziato a muoversi per abolire i sacchetti di plastica non biodegradabile, che, se gettati in natura sono in grado di resistere per centinaia di anni, danneggiando il suolo e gli organismi acquatici. Nella finanziaria 2007 del Governo Prodi venne inserito il divieto di commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili dal primo gennaio 2010, ma l’entrata in vigore delle sanzioni solo al 31 dicembre 2013.
L’articolo 34 comma 19 del Decreto Sviluppo Bis, recentemente firmato da Corrado Passera ha previsto addirittura l’anticipo dell’entrata in vigore delle sanzioni al 31 dicembre 2012.
ISPO Ricerche, l’istituto per gli studi sulla pubblica opinione di Renato Mannheimer, ha realizzato un’indagine che ha coinvolto un campione di 800 italiani, statisticamente rappresentativo della popolazione maggiorenne del nostro Paese, sulla posizione degli italiani verso la normativa che ha messo al bando i sacchetti in plastica tradizionale e le sanzioni previste per la sua violazione. Inoltre, è stata verificata la consapevolezza della distinzione tra i termini “biodegradabile” e “compostabile” ed il giudizio sugli shopper compostabili, anche nel caso fossero proposti al supermercato per imbustare frutta e verdura sfuse.
L’indagine ha poi voluto rilevare l’atteggiamento noi confronti della chimica verde, ossia “quella branca della chimica che utilizza anche materie prime rinnovabili di origine agricola, come oli o amidi, in prodotti finali a basso impatto ambientale. Ad esempio: oltre alle bioplastiche lubrificanti, anche additivi per gomme e fibre”.
Lo studio ha mostrato come sia elevato il consenso verso la norma che ha messo al bando i tradizionali shopper di plastica, a favore invece di materiali ecocompatibili: rimane costante, infatti, dalla prima delle tre rilevazioni effettuate (maggio 2011, gennaio 2012, novembre 2012), la certezza che si tratti di un passo in avanti nel rispetto dell’ambiente e l’idea che un’imposizione di legge sia positiva se costringe ad essere più responsabili dal punto di vista ambientale (circa 90% di consensi per entrambe le posizioni).
Sull’opportunità della legge gli italiani non sembrano avere dubbi, così come non mettono in discussione la necessità delle sanzioni e l’urgenza delle stesse, che per molti (62%) sarebbero dovute entrare in vigore sin dal 2011.
I risultati del campione mostrano inoltre come sia opinione diffusa che gli operatori del settore abbiano avuto tempo a partire da gennaio 2011 di adeguarsi alle normative: lo pensa il 76%.
Relativamente alla distinzione tra biodegradabile e compostabile e all’apprezzamento verso gli shopper compostabili, i risultati sono meno uniformi.
Non si registrano infatti variazioni sensibili (se non un leggero calo) della quota di chi sa della distinzione tra biodegradabile e compostabile, che non raggiunge la metà degli intervistati. Chi però è consapevole di ciò, oggi più di gennaio sa indicare come distinguerli, soprattutto per una maggiore memorizzazione del mais come componente del compostabile. Gli italiani si stanno quindi abituando, lentamente, a distinguere i materiali, ma questo vale solo per coloro che sembrano già essere attenti o consapevoli.
Tra le caratteristiche dei sacchetti compostabili, la resistenza rimane sempre uno degli aspetti più criticati in particolare per il riutilizzo dei bioshopper per la spesa. Non si riscontrano invece particolari criticità per il riutilizzo per la raccolta differenziata, per la dimensione, per l’odore e per il prezzo alla cassa, fattori ritenuti accettabili per più del 50% dei rispondenti.
Diffuso e costante l’apprezzamento, invece, per la possibilità che i sacchetti per imbustare frutta e verdura siano in materiale compostabile ed alla maggior parte dei rispondenti, il 52%, farebbe piacere che fosse proprio il supermercato di fiducia ad avviare questa sperimentazione. Per gli altri sarebbe per lo più indifferente.
Rispetto alla chimica verde, di cui solo circa un quarto ha già sentito parlare, si riscontra un atteggiamento generalmente favorevole, in particolare tra i più istruiti e i più esposti alle informazioni sui materiali compostabili.
Infine, sulle possibilità che la “chimica verde” possa dare nuovi posti di lavoro è d’accordo il 69% degli italiani. Inoltre è interessante notare che il 44% degli intervistati accetterebbe la costruzione di un impianto per la realizzazione di buste biodegradabili vicino alla propria casa, con una sorta di effetto contrario al comune fenomeno Nimby (not in my back yard, non nel mio giardino), mentre solo il 26% non lo vorrebbe.
“I risultati di questa indagine confermano che la coscienza ambientale degli italiani è sempre più consapevole e viva, come pure il sentimento di rispetto per la legge sui sacchetti per la spesa, ritenuta positiva dalla stragrande maggioranza dei nostri connazionali. Non solo. Gli italiani iniziano a percepire chiaramente anche le opportunità offerte dalla chimica verde come possibile motore per lo sviluppo ecosostenibile e per la crescita occupazionale”, ha dichiarato Marco Versari, Presidente di Assobioplastica.
Non dobbiamo confondere l’indubbia utilità della norma con il discutibile e disonesto modo di applicarla.
In tutti i paesi il sacchetto viene fornito gratis, in Italia viene fatto pagare 10 cent. Questo è un furto alle spalle dei consumatori, con cui i supermercati aumentano indebitamente i guadagni. Non possono raccontarci che un sacchetto costi 10 cent.
Se la legge impone, giustamente, di usare questi sacchetti, deve anche imporre che non diventino un’occasione per rubare.
Inoltre questi sacchetti non si possono utilizzare per alimentari in confezioni di cartone: gli spigoli rompono il sacchetto e cade tutto fuori. Forse vogliono lucrare anche sul risparmio di plastica?
O dove vivo esiste un focolare sovversivo, un anomalia statistica, una banda di capitalisti del polipropilene senza scrupoli, oppure quel campione di 800 persone non è proprio “statisticamente rappresentativo della popolazione maggiorenne del nostro paese”, dato che ogni persona con cui intavolo l’argomento non sembra proprio pensarla, diciamo postivamente.
Ah ma guarda che coincidenza, il sondaggio è stato fatto per conto di ASSOBIOPLASTICHE che (casualmente sia chiaro!) “..è costituita da imprese operanti, in Italia ed all’estero, nella produzione di polimeri biodegradabili e prodotti finiti, da Enti, NGO, Università ed Associazioni imprenditoriali, oltre che dalle strutture che garantiscono la corretta gestione del fine vita dei manufatti prodotti con bioplastiche.”