La questione ucraina non fa eccezione tra le numerose sfide energetiche che si sono combattute, anche militarmente, tra est ed ovest del mondo. Tant’è che sembra di raccontare l’ennesima reinterpretazione di una sceneggiatura collaudata e persino sdoganata.
L’Ucraina, incastonata tra Russia ed Europa, vede il sogno occidentale ed è prossima all’annessione nell’Unione Europea; depone con il colpo di stato del febbraio scorso il presidente filorusso Janukovič, eletto attraverso regolari elezioni, ma preda di pesanti contestazioni riguardo la politica economica del paese.
Diversi paesi europei e Obama vedono di buon’auspicio la rivoluzione e non ostacolano la proclamazione di un nuovo governo, sul quale salgono, incontrollatamente o meno, numerose frange naziste e neo-fasciste, anche ad occupare poltrone di ufficiali di Stato. Sono molte le vittime. I provvedimenti del nuovo potere non distendono il clima sanguinario, l’abolizione del bilinguismo provoca reazioni accese in quelle zone a maggioranza russa, come la Crimea.
A livello energetico la posizione dell’Ucraina è evidentemente interessante. Sotto la sua terra sono distesi circa 40 mila chilometri di gasdotti che trasportano il gas russo in Europa, l’ottanta per cento del totale passa infatti in Ucraina. Il presidente deposto Janukovič favorì il transito attraverso accordi commerciali che permettono tuttora di beneficiare di prezzi agevolati del trenta per cento rispetto a quelli di mercato. L’Ucraina è uno dei paesi più energivori al mondo, a causa soprattutto degli sprechi e delle carenti infrastrutture.
Un ulteriore elemento su cui riflettere lo illustra Ugo Bardi su Il Fatto Quotidiano. Si tratta dei depositi di gas di scisto (shale-gas) presenti al confine tra Ucraina e Polonia. La tecnologia del fracking impiegata per l’onerosa estrazione di questa tipologia di idrocarburo, è molto familiare agli Stati Uniti, che dichiararono l’inizio di una nuova era di benessere grazie al ricorso a questa tecnica.
Il fracking ha trovato tuttavia molte opposizioni, legate all’inquinamento e all’invasività nel territorio, le compagnie petrolifere occidentali sono incorse in molte difficoltà nell’ottenimento dei permessi d’esplorazione, anche in Ucraina, almeno sotto la presidenza Janukovič.
Bisogna domandarsi se la violazione di sovranità sia quella dei russi appostati in Crimea, in un territorio sì ucraino, ma ampiamente filosovietico, o quella dei rivoluzionari, di coloro che hanno attratto a sé, e che stanno governando la popolazione civile privi di mandato. Ancor prima però bisogna chiedersi se siano ritenuti più importanti i chilometri di tubi sotto il suolo ucraino o il sentimento d’appartenenza di un popolo alle proprie radici. Perché se inavvertitamente la risposta siano i tubi, allora le altre domande sarebbero inutili.