Gli squali Bandringa, 310 milioni di anni fa, per deporre le uova, migravano dalle paludi d’acqua dolce e dai fiumi verso l’oceano, in direzione opposta a quella dei salmoni che, per lo stesso motivo, risalgono i fiumi provenendo dal mare.
E’ questa la sorprendente conclusione di Lauren Sallan, paleontologa dell’Università del Michigan e del collega Michael Coates, dell’Università di Chicago, che hanno analizzato i resti fossili dei Bandringa, pesci predatori abitanti un antico sistema deltizio di un fiume che attraversava il territorio oggi occupato dal Midwest americano.
La scoperta, riportata dal Journal of Vertebrate Paleontology, è il primo esempio di migrazione degli squali, mantenuto oggi da specie quali gli squali-tigre nelle Hawaii.
I Bandringa fossili rinvenuti sono anche l’unico esempio conosciuto di migrazione ‘inversa’ di uno squalo, una migrazione cioè dall’acqua dolce all’acqua salata.
“Questo comportamento migratorio – dice Sallan – dimostra che gli squali venivano allevati in mare aperto e trascorrevano poi il resto della loro vita in acque dolci. Non si conoscono comportamenti analoghi negli squali attuali”.
Il Bandringa, estinto da lungo tempo, fu probabilmente un ascendente degli squali attuali. Somigliava al moderno pesce-sega, con il muso ‘a cucchiaio’ di una lunghezza pari alla metà del corpo, variabile dai 4-6 centimetri nei giovani ai 3 metri degli adulti. Il primo esemplare fu scoperto nel 1969 ed è uno dei fossili più apprezzati dei ben noti depositi di Mazon Creek, nel Nord dell’Illinois.
Finora si riteneva che il genere Bandringa racchiudesse due specie, una tipica delle paludi d’acqua dolce e dei fiumi, l’altra delle coste oceaniche. Dopo aver esaminato 24 esemplari fossili, Sallan e Coates hanno concluso che Bandringa era in realtà una singola specie che, in vari momenti della sua vita, aveva abitato sia acque dolci che salate.
Le differenze fisiche tra le due presunte specie erano dovute a processi differenti di conservazione in siti diversi, acque dolci o marine: i primi preservavano ossa e cartilagini; i siti marini, anche le parti molli.
Combinando l’insieme dei dati di entrambi i tipi fossili e riclassificando Bandringa come unica specie, i due studiosi hanno ricostruito un quadro completo dell’anatomia dello squalo estinto, scoprendo diverse caratteristiche precedentemente ignorate, tra cui le mascelle dirette verso il basso, ideali per l’alimentazione per aspirazione dai fondali, spine aghiformi sulla testa e una serie complessa di organi sensoriali estesi sia sul muso che sul corpo, adatti per rilevare prede in acque torbide.
Secondo Sallan e Coates, gli squali adulti vivevano in fiumi e paludi. Le femmine migravano verso valle per deporre le uova in acque marine costiere poco profonde, in senso inverso rispetto alla migrazione dei salmoni che risalgono i fiumi dal mare.
In quel tempo, la linea di costa del supercontinente Pangea correva diagonalmente dalle acque fredde del Mazon Creek alle latitudini tropicali.
Tutti i Bandringa fossili provenienti dai siti marini di Mazon Creek sono esemplari giovani e sono stati rinvenuti insieme alle uova della generazione successiva di squali.
Fossili di Bandringa adulti sono stati invece trovati solo in siti d’acqua dolce, tra cui molti in Ohio e Pennsylvania.
Questo fa ritenere che i giovani Bandringa nati dalle uova di Mazon Creek rappresentino un vivaio marino in cui le femmine depositarono le uova per poi tornare alle acque dolci dei fiumi e delle paludi da cui erano discese.
“E’ la prima prova fossile di un vivaio di squali che si basa sulla coesistenza di uova ed esemplari giovani”, dichiara Sallan. “Ed è anche la dimostrazione che giovani e adulti vivevano in luoghi diversi, il che implica migrazioni dall’esterno e dall’interno del vivaio”.