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Squali elefante: trovata plastica nei muscoli

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 11.04.2013

Abbiamo parlato pochi giorni fa del problema ormai gravissimo dei rifiuti di plastica che si accumulano negli oceani e nei grandi bacini idrici. Per la maggior parte dei casi, le particelle di plastica sono inferiori al mezzo centimetro e questo fa sì che diventino cibo inconsapevole per i pesci. Nella ricerca americana si diceva che è già dimostrato che la plastica arriva nello stomaco dei pesci e che probabilmente viene assimilata. Oggi una ricerca italiana dimostra che lo stesso problema colpisce i nostri squali elefanti, che si nutrono esclusivamente di plancton e nei cui muscoli sono stati trovate tracce di ftalati, contenuti nella plastica. E’ già stato dimostrato, anche se non ancora sugli squali elefanti, che gli ftalati agiscono sulla produzione di ormoni.

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Lo squalo elefante, o cetorino, è uno dei più grandi animali marini italiani, secondo per dimensioni solo alla balenottera, può raggiungere fino ai 9 metri. Instancabile nuotatore, è capace di attraversare interi oceani per raggiungere le correnti ricche del plancton di cui si nutre.

Per studiare lo squalo elefante che è estremamente elusivo, pur nuotando in superficie, è nata OSE che sta per Operazione Squalo Elefante. OSE  è realizzato dall’associazione MedSharks e dal Settore Conservazione Natura del Centro Turistico Studentesco (CTS) con il sostegno della Fondazione Principe Alberto II di Monaco e dell’Associazione Italiana della Fondazione Principe Alberto II di Monaco ONLUS.

I ricercatori di questo progetto in questi giorni sono a Berlino dove si svolge la Conferenza sui Rifiuti Marini, organizzata dalla Commissione Europea con il ministero dell’Ambiente tedesco. Nella loro presentazione i ricercatori parleranno di un notizia relativa allo squalo elefante che desta preoccupazione: nei suoi muscoli è stata rinvenuta la presenza di plastica. 

La ricerca, svolta insieme all’Università di Roma dimostra per la prima volta che i rifiuti abbandonati in mare possono contaminare i pesci, anche lo squale elefante, che è uno fra i più grandi che si nutre solo di plancton.  

I tossicologi dell’Università di Siena, che collaborano al progetto,  hanno trovato in questi squali tracce di ftalati – additivi aggiunti alla plastica durante la lavorazione: segno inequivocabile che gli squali, oltre ad avere inghiottito la plastica, l’avevano anche assimilata. Gli effetti degli ftalati sugli squali elefanti non si conoscono ancora, ma è stato dimostrato che queste sostanza agiscono alterando la produzione di ormoni.

squalo_elefante

Stefano Di Marco Vice Presidente Nazionale del CTS,  ha spiegato che “Occorre assicurare a questi straordinari animali che rappresentano una grande ricchezza in termini di biodiversità adeguate misure di conservazione. Per questo motivo, oltre al progetto OSE, il CTS è impegnato anche in un altro importante progetto per la salvaguardia degli squali che vengono uccisi al ritmo di 100 milioni di esemplari all’anno: SharkLife.”

Questo progetto, finanziato dall’Ue con un progetto Life+ ha come obiettivo quello di rendere consapevoli soprattutto pescatori professionisti e sportivi della reale importanza di rilasciare in mare gli esemplari pescati e di informare il grande pubblico che il vero grande pericolo è l’uomo non lo squalo.

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