Dall’ultimo dopoguerra in poi, l’Italia ha sempre imitato il modello degli Stati Uniti d’America: traendone alcune cose buone e magari altre assai meno buone, ma certamente non riuscendo ad assimilare i valori fondamentali che hanno fatto grande quel Paese. Come il senso del bene collettivo, l’unità nei momenti difficili, lo spirito di innovazione, l’impegno per la missione civile, e la sacralità della memoria storica, del patrimonio naturale e dei parchi nazionali.
Quando la Grande Depressione degli anni Trenta colpì gli Stati Uniti, molti furono gli interventi del Presidente Franklin Delano Roosevelt per contrastare la drammatica crisi economica, sociale e politica che stava trascinando nel baratro la giovane nazione. Non si rivolse soltanto a istituzioni, finanzieri, banche e centri di potere, ma soprattutto alla gente, a quello che lui definiva “The forgotten man”, il cittadino dimenticato. E certamente uno dei successi maggiori venne dalla creazione, nel 1933, dei CCC (Civilian Conservation Corps, ovvero Corpi Civili di Conservazione), denominati anche “Tree Army”, e cioè Esercito degli Alberi. Un programma che avrebbe avuto lunga durata, producendo notevoli effetti e formando intere generazioni di nuovi americani.
Il fatto più notevole fu che il Presidente, trovandosi di fronte a due diversi problemi apparentemente insolubili, seppe fonderli positivamente, in modo da trasformarli in una vera e propria risorsa. Da una parte, c’erano milioni di giovani disoccupati, espulsi sul lastrico senza speranze né risorse. Dall’altra, le abbondanti ricchezze naturali del Paese, ormai abbandonate, finivano depredate dalla gente disperata, senza che si potesse impedirlo. Il nuovo servizio civile, realizzato in tempi brevissimi, ebbe l’effetto di avviare a soluzione entrambi i problemi. I giovani, riuniti in gruppi di varia provenienza e ospitati in rifugi e accampamenti nelle zone ove erano necessari interventi urgenti, vissero una straordinaria esperienza proteggendo le foreste e la fauna, regimando le acque e controllando l’erosione, assistendo i parchi e collaborando al restauro storico, o prestando soccorso in caso di calamità, e mille altri servizi. Vita di campo e formazione professionale, educazione civica e coesione sociale fecero crescere in pochi anni una gioventù sana e motivata, lontana dallo squallore della crisi e delle periferie, e ricca di energie per tornare a sostenere il Paese. E l’America ne trasse, con spesa limitatissima, enormi benefici.
Anche l’Italia avrebbe oggi urgente e intenso bisogno di un suo nuovo “esercito degli alberi”, convinto e preparato, mobilitato per la salvezza del nostro patrimonio più prezioso: territorio e acque, foreste e praterie, colline e montagne, litorali e piccole isole, antichità e monumenti, arte e cultura, storia e folklore, parchi verdi e blu, campagna e paesaggio.
Creare un vero servizio civile ben organizzato per accogliere i giovani senza occupazione, e farli vivere insieme all’aperto, sarebbe la terapia migliore contro ogni male oscuro, allontanerebbe da ozio, droga, vizi e insoddisfazione, assicurerebbe non solo sopravvivenza dignitosa, ma anche dignità e formazione, offrendo un sicuro tirocinio e titoli sufficienti per il successivo ingresso nel mondo del lavoro. Ma risulta che qualcuno stia occupandosi di questo? Sarà già in preparazione qualche provvedimento concreto da attuare nella prossima estate? Vedremo presto in giro meno sconforto e molti giovani in movimento nelle attività più diverse? Forse, chissà, eventualmente: ma lasciatecene dubitare. Per il momento, le menti dei nostri connazionali sembrano sempre più distratte e vagolanti, e il pensiero remoto di chi dovrebbe prevedere, intuire, orientare e decidere appare sempre più lontano dall’ecologia, dal lavoro con la terra e con la natura, e dal contatto reale con “The forgotten young-people”, la gioventù dimenticata. E l’Italia, si sa, non è l’America.