“Perché l’umanità, invece di entrare in uno stato veramente umano, sprofonda in un nuovo genere di barbarie?”
Dobbiamo oggi parlare di una delle opere più importanti ma anche più controverse della storia contemporanea. Mi riferisco alla Dialettica dell’illuminismo. Testo scritto a quattro mani da Horkeimer e Adorno, pubblicato nel 1944. Due curiosità prima di tutto. La scelta del secondo autore non fu così semplice. Horkeimer, ideatore originario di tale testo, pensò prima a Marcuse per i suoi interessi nei confronti di Freud e della società contemporanea, subito dopo però, preferì il musicologo Adorno per “ il suo sguardo reso più acuto dall’odio verso il capitalismo”.
Seconda curiosità. L’opera pubblicata nel 1944, non fu praticamente nota al grande pubblico fino al 1968. Grazie agli studenti insorti, la fortuna sorride all’opera, che godette improvvisamente di grandissima fama. Gli stessi studenti chiederanno a gran voce di essere aiutati nella loro lotta anche da Adorno, il quale rispose seccamente di aver scritto solo un’opera teoricamente rivoluzionaria. Teoria e Prassi non sono e, non possono essere, per Adorno sullo stesso piano: per un uomo teoretico è, infatti, impossibile agire nella pratica poiché, non appena ci provasse, sarebbe subito inghiottito dalla cosiddetta industria culturale. Cos’è l’industria culturale?
Secondo Adorno, ma anche per Horkeimer, la cultura in epoca contemporanea si mercifica e diviene profitto. Non appena si formulino delle tesi, e le si rendano note, l’industria se ne appropria e se ne serve per i propri fini. Ne consegue logicamente che, per non incappare in questa reificazione delle idee, occorre formulare messaggi “alternativi” in forme letterariamente alternative. L’opera non deve essere ingerita dall’industria culturale: deve perciò essere criptica e di difficile comprensione immediata, non deve procurare piacere o divertimento. Ecco spiegato, in breve, il motivo d’oscurità della scrittura dei Francofortesi.
La Dialettica dell’illuminismo può essere definito come un testo che mira a tracciare una storia ideale della Ragione, o sarebbe meglio dire, le tappe che l’umanità ha seguito per giungere all’età contemporanea. L’idea però che la storia serva per non cadere negli stessi errori, per migliorarsi, decade con Horkeimer e Adorno. La loro visione è più vicina a quella di una ciclicità dialettica: a momenti di luce della ragione, seguono e corrispondono momenti di ombra assoluta.
E’ come se qui, Il pensiero sia stato chiamato a riflettere sulle proprie colpe. Il primo excursus che H&A propongono è quello su Ulisse e le Sirene, quello anche più noto. Il secondo è su Nietzsche e Sade intesi come i veri illuministi, segue quindi un saggio sull’industria culturale, in cui il modello è esteso agli USA (quello proposto dall’America è un illuminismo per le masse) e dove trionfa la tesi per cui fra realtà e televisione non v’è più differenza alcuna. L’ultimo saggio, infine, è sulle Tesi sull’antisemitismo, che rappresenta il fil rouge sotteso dell’opera.
L’età dei lumi, universalmente considerata un periodo di trionfo della filosofia e di razionalità, in realtà contiene in nuce non l’emancipazione, bensì il totalitarismo. La ragione, infatti, non è che sottomissione della natura e degli altri. Come già rilevava Schopenhauer, essa è – al pari delle zanne per la tigre – lo strumento con cui ci teniamo in vita. Questo che significa? Significa che il movimento dialettico evidenziato da Hegel funziona e si applica anche per i vari stadi dell’umanità.
Lo stesso vale per i miti: e l’idea stessa che la ragione si capovolga nel suo opposto, pare suggerire che la ragione si accompagni sempre e comunque al mito. Il mito quindi non si presenta solo come spiegazione irrazionale, ma anche come possibile risposta alla troppa razionalità. Affiora la tesi secondo cui la ragione moderna ha una segreta complicità col mito.
La settimana prossima affronteremo la figura di Horkeimer.
Il film che vi consiglio questa settimana è Too big to fail di C. Hanson.