Come abbiamo già visto e intuito in queste settimane, il Novecento è un secolo variegato e ampio. Ancora oggi ci portiamo questa sfaccettata eredità alle spalle, cui è difficile dare tutt’oggi delle categorizzazioni precise.
Detto questo, oggi migriamo in Germania, patria dal 800, della filosofia. Qui a partire dagli anni Trenta, nasce l’Istituto per la Ricerca sociale che darà vita a quella che a noi è nota come scuola di Francoforte.
La scuola di Francoforte nasce come gruppo auto-organizzato di studiosi ( la maggior parte di essei filosofi, ma vi partecipavano anche psicologi, sociologi ed economisti) delle più variegate discipline, atto ad analizzare la società presente, le modificazioni di essa nel corso del tempo e, utilizzando le loro stesse parole, “ tentare di smascherare le contraddizioni del contemporaneo vivere collettivo”.
Precisazione da fare, la dicitura Scuola di Francoforte è anche in questo caso convenzionale. Gli iscritti, cioè, non si definivano “Francofortesi”, ma solo iscritti all’originario Istituto di ricerca sociale sopraccitato.
Gli autori che vengono ripresi e rimessi a lucido, smussandone le parti, eliminandone altre, sono essenzialmente tre: Hegel, Marx e Freud.
Partendo da Marx, le motivazioni storico-culturali di questa revisione erano evidenti: si assisteva ormai al totale fallimento della rivoluzione operaia paventata da Marx, seguiva poi sul piano internazionale, il crollo della rivoluzione bolscevica che lasciava dietro di sé molte ombre e violenze. Contemporaneamente i totalitarismi in Europa si facevano sempre più presenti e aggressivi.
La scuola di Francoforte per quest’ultima ragione, infatti, dovette spostarsi prima a Ginevra, poi a Parigi infine emigrare negli Stati Uniti. Gli autori che ne facevano parte erano, per la maggiore, di origine ebraica e questo rendeva difficile per non dire impossibile qualsiasi tipo di lavoro intellettuale negli anni del Nazismo.
Secondo autore di fondamentale importanza fu Hegel. Si riprese a studiare e analizzare il concetto di dialettica, innovandola, vedremo nelle prossime settimane come.
Terzo autore, non meno importante, fu Freud. La rivoluzione psicanalitica stava sempre più permeando il quotidiano. Si cercò di applicare questo nuovo metodo nello studio sulle masse. Gli studiosi di cui stiamo parlando si interrogarono moltissimo sulle ragioni che portavano individui singoli ad affiliarsi ai nuovi movimenti totalitari, trovando come ragione plausibile l’idea che ogni totalitarismo ha in sé: di portare ed essere, cioè, La Verità. Non c’è spazio alla discussione perché non vi è nulla da discutere. E’ bene ciò che ti dicono essere bene, è male ciò che ti dicono essere male.
Si parla di 3 periodi che caratterizzano la Scuola di Francoforte. Il primo è caratterizzato, banalizzando, dagli studi sull’Autorità cui prima abbiamo accennato e all’analisi della famiglia come struttura gerarchica organizzata. Esponente di spicco di questo periodo è Horkeimer.
Il Secondo periodo vede Adorno come autore principale e le sue due opere capitali: Dialettica dell’illuminismo e Minima Moralia. La ripresa delle riflessioni di Hegel è evidente, ma si esplorano le contraddizioni che la dialettica porta in sé.
Terzo periodo che va dagli anno 50 ai 60, ossia il periodo Post bellico è caratterizzato invece dalle riflessioni sul capitalismo, sulle conseguenze per l’uomo di un uso così discriminato delle risorse naturali. Esponenti di questo periodo saranno Marcuse e il contemporaneo Habermas.
Mi rendo conto di aver messo molta carne sul fuoco, forse sono stata poco approfondita rispetto ai singoli filosofi, ma dalla prossima settimana inizieremo ad analizzare un autore alla volta. Oggi mi premeva dare un necessario quadro generale di ciò di cui ci accingiamo a parlare.
La Scuola di Francoforte porta in sé una ventata di riflessione nuova, vicina a noi, vicina alle nostre problematiche politiche, sociali e ambientali.
Alla scoperta dei Francofortesi, allora!
Il film che vi consiglio questa settimana è un classico dei classici, ma che ogni tanto va rispolverato: Roma città aperta di Roberto Rossellini.